I boss del clan comunicavano con la PlayStation: retata tra Napoli e provincia
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Un’indagine lunga e minuziosa, condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Napoli, ha portato all’alba a 24 arresti tra il capoluogo campano e l’hinterland.

I boss del clan comunicavano con la PlayStation: retata tra Napoli e provincia. A finire nuovamente nel mirino della Direzione Distrettuale Antimafia e del gip del Tribunale di Napoli sono stati i vertici dei clan Troncone e Frizziero, già noti per il loro radicamento nel tessuto criminale del territorio.

Ma ciò che rende singolare questa operazione non è soltanto il numero degli arrestati o il peso criminale dei soggetti coinvolti, quanto piuttosto il metodo – ingegnoso e apparentemente insospettabile – con cui alcuni esponenti comunicavano tra loro eludendo le tradizionali intercettazioni: la chat della PlayStation.

La chat criptica dei clan

I fatti risalgono al 15 maggio 2020 e sono stati ricostruiti grazie alle attività di intercettazione e analisi dei militari. In particolare, un dialogo telefonico avvenuto in carcere tra Vitale Troncone – ritenuto a capo dell’omonimo clan – e suo figlio Giuseppe, ha aperto uno squarcio su un metodo di comunicazione alternativo e difficilmente tracciabile. Giuseppe racconta al padre di aver parlato, poco prima, tramite la console da gioco PlayStation con Mariano Frizziero, figura di rilievo dell’altro clan coinvolto nell’indagine.

Per aggirare i controlli delle forze dell’ordine, i boss utilizzavano una strategia che poggiava sull’apparente innocuità delle piattaforme di gaming. Le comunicazioni avvenivano attraverso la chat di un videogioco multiplayer online: un ambiente virtuale dove i giocatori – o meglio, in questo caso, i criminali – potevano scambiarsi istruzioni, suggerimenti e “imbasciate”, cioè messaggi riservati tra capi e affiliati.

“Zia Maria” e i codici del crimine

Nel linguaggio cifrato usato dai Troncone, Mariano Frizziero veniva indicato come “Zia Maria”. Un nomignolo dal tono familiare, scelto probabilmente per confondere eventuali ascoltatori esterni. Durante la telefonata, Vitale chiede al figlio di metterlo in contatto con “zia Maria” attraverso la PlayStation. Giuseppe tenta di stabilire il collegamento, ma scopre che Frizziero non è più online.

Secondo gli investigatori, non si trattava di un episodio isolato. L’utilizzo delle chat integrate nei giochi online rappresentava un canale parallelo e discreto, molto più complesso da monitorare rispetto alle linee telefoniche o alle applicazioni di messaggistica più comuni. Un mondo parallelo in cui i clan potevano dialogare senza lasciare tracce facilmente rintracciabili.

L’ombra lunga della camorra digitale

L’operazione condotta oggi dai Carabinieri getta nuova luce sulle capacità adattive della criminalità organizzata, capace di sfruttare ogni anfratto della tecnologia contemporanea per mantenere in vita reti di potere e comunicazione. Se un tempo erano i pizzini e le telefonate pubbliche a garantire la segretezza dei contatti, oggi le console da gioco, i social e i server online diventano nuovi territori di conquista per i clan.

Le accuse mosse agli arrestati spaziano dall’associazione mafiosa al traffico di droga, passando per estorsione e controllo del territorio. Ma a colpire, ancora una volta, è la sofisticazione delle modalità con cui i clan cercano di mimetizzarsi tra le pieghe della vita quotidiana. Come se dietro una semplice sessione di gioco, si celasse un summit criminale.

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