Curva Nord: la guerra sfociata nel sangue
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La sera in cui Daniel D’Alessandro, conosciuto nel mondo degli ultras come “Bellebuono”, si presenta di nascosto a casa di Andrea Beretta a Cernusco sul Naviglio, sa benissimo che sta rischiando la vita.

Curva Nord: la guerra sfociata nel sangue. È la fine di agosto 2024 e quella che gli confida è una rivelazione da brividi: «Vogliono ucciderti. Ti offriranno un caffè con dentro le benzodiazepine, poi ti ammazzeranno. La fossa è già pronta. Io stesso ho preso la calce viva per far sparire il corpo. Porteranno la tua macchina fino a Nizza, per far sembrare che sei scappato».

Beretta, 49 anni, ex leader della Curva Nord dell’Inter, inizialmente non dà peso a quelle parole. Ma Daniel, 29 anni, è coinvolto in prima persona: il piano di morte è stato ideato da Antonio Bellocco, giovane legato alla ‘ndrangheta, e da Marco Ferdico, braccio destro dello stesso Beretta nel comando degli ultras. È una partita pericolosa, dove il tradimento è la chiave di volta e ogni passo falso può costare la vita.

La guerra interna

Questa non è solo una faida tra criminali o tifoserie: è la fase finale di uno scontro sotterraneo per il controllo della Curva Nord, sfociato in un’escalation di violenze, complotti e omicidi. Il punto di rottura arriva il 29 ottobre 2022 con l’uccisione di Vittorio Boiocchi, detto “lo Zio”, figura storica del tifo nerazzurro. Un evento che destabilizza l’equilibrio di potere tra le fazioni e apre la strada al caos.

Il 4 settembre, pochi giorni dopo l’avvertimento di Bellebuono, Beretta è ricoverato in ospedale dopo aver ucciso Bellocco in un violento scontro davanti alla palestra Testudo di Cernusco. Ha un proiettile nel corpo, lo stesso sparato da Bellocco con la sua pistola, strappatagli durante la colluttazione. Beretta però si salva e, sotto interrogatorio, racconta la sua versione: «Sapevo che mi volevano morto. Un amico mi aveva messo in guardia».

Il caffè avvelenato

Il giorno dopo l’avvertimento, l’ex capo della Nord viene effettivamente convocato in una cascina per un incontro “amichevole”. È armato, ma decide di lasciare l’arma in macchina. Quando Ferdico lo abbraccia per salutarlo, Beretta capisce che qualcosa non va: sotto il caldo torrido, il suo interlocutore indossa un giubbotto. Un dettaglio che suona come un allarme. Poi gli porge un caffè. Beretta rifiuta con una scusa e prende solo una bottiglia d’acqua. Ha capito: la trappola c’è davvero.

Quella notte, verso le tre, Beretta incontra di nuovo Bellebuono sotto casa. Daniel gli dice chiaramente che il piano è saltato, ma che i mandanti non si fermeranno: stanno già pianificando un nuovo agguato. Beretta non dorme per tre giorni, gira armato e vive con la costante paura di essere colpito.

La reazione e l’omicidio

Il 4 settembre Bellocco lo chiama per accompagnarlo in comunità da Don Mazzi. Beretta teme che sia un altro tranello. Sale sulla Smart, ma è lui a prendere l’iniziativa: affronta Bellocco e gli chiede perché vuole ucciderlo. Parte una lotta furiosa. Bellocco riesce a prendere la pistola e spara. Beretta, ferito, estrae un coltello e lo colpisce più di venti volte, sei delle quali al cuore. Bellocco muore. È la fine del progetto di scalata della ‘ndrangheta nella curva.

Chi ha tradito chi

Quando la notizia dell’omicidio si diffonde, le voci cominciano a circolare nel mondo degli ultras: Beretta potrebbe collaborare con la giustizia. Intanto le forze dell’ordine cercano disperatamente di identificare la fonte dell’avvertimento: capiscono dai tabulati telefonici che è stato proprio Bellebuono. Lo rintracciano in un centro commerciale e lo portano in questura. Con lui c’è un amico straniero che, appena può, avvisa i Ferdico.

Padre e figlio Ferdico, capi riconosciuti del gruppo, entrano in allarme. La polizia offre protezione a D’Alessandro e lo invita a collaborare, ma lui tentenna. Quella stessa sera i Ferdico si presentano a casa sua. La tensione è altissima. Bellebuono chiama la fidanzata prima dell’incontro: «Se non mi senti tra un po’, chiama la polizia». Dopo 45 minuti, chiama lui stesso gli agenti: «Non ho niente da dire. Non sono coinvolto». Ma non convince nessuno.

La fuga e l’arresto

Convinto di aver salvato la pelle, Daniel in realtà è un uomo braccato. Si nasconde per mesi, come un fuggitivo. A fine febbraio 2025 ripara in Bulgaria. È lì che viene catturato pochi giorni fa per l’omicidio di Boiocchi. È Beretta a rivelare che a sparare sarebbe stato proprio Bellebuono, su mandato dei Ferdico.

Ma perché Daniel ha tradito i suoi complici per avvertire Beretta? Gli investigatori ritengono che il punto di svolta sia stata la partita Inter-Atalanta del 30 agosto. Durante una rissa tra ultras, Bellebuono resta solo. Nessuno dei “capi” lo difende. Solo Beretta, pur essendo bandito da Milano, si presenta per aiutarlo. Quel gesto segna tutto. Da quel momento capisce che per lui non c’è più posto nella curva. Le voci cominciano a circolare: «È un tossico, non è affidabile». Il destino è segnato.

Oggi Daniel D’Alessandro è in carcere in Bulgaria. Ha dichiarato di voler scontare la pena lì, lontano dall’Italia. Dove la guerra della Curva Nord continua a mietere vittime.

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