Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’Informazione e all’Editoria del Governo Conte ha commissionato tre sondaggi in nove mesi di governo. L’obiettivo è stato quello di monitorare l’opinione della gente sulle attività e sulle decisioni dell’esecutivo gialloverde.
Lui, però, non ci sta e ribatte sul suo profilo Facebook con il ‘tipo’ aplomb da sottosegretario:“Le balle de “Il Giornale” sui sondaggi di governo.” L’ex assistente giudiziario graziato dalla politica, spiega che il quotidiano “mi accusa di aver commissionato sondaggi per conoscere il mio ‘gradimento’ nell’opinione pubblica e arriva a scrivere che il sottoscritto ‘pensa alla carriera’. Siamo al limite della diffamazione”. Insomma, Crimi l’ha presa proprio male.
Il sottosegretario in 90 giorni ha speso 45mila euro: “cifra non eccessiva che però indica una ricerca costante da parte del sottosegretario della conferma del consenso tra la gente” spiega Il Giornale. Proprio lui, Crimi, l’ispiratore della legge ammazza-giornali che introduce la cancellazione del contributo statale ai quotidiani.
“La prima indagine risale a settembre 2018” spiega ancora il quotidiano: “il governo ha giurato il primo giugno. Dunque, dopo tre mesi di attività, spinto forse anche dagli spin grillini, Crimi ha subito messo le mani nelle casse dello Stato per finanziare il primo sondaggio: 22mila e 500 euro per realizzare ‘un monitoraggio dell’opinione pubblica sulle attività e sulle decisioni del governo, da svolgersi con i sistemi di rilevazione Cati, Cawi, nonché con analisi testuale dei principali social’. Esito? Sconosciuto.”
Dopo tre mesi Crimi ci riprova: arriva un nuovo sondaggio per un costo di 4.500 euro. E anche in questa circostanza non è possibile conoscere l’esito dell’analisi. Gennaio 2019, nuovo sondaggio: costo 18mila euro.
“I sondaggi citati dal quotidiano sono stati commissionati su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri per rilevare l’opinione dei cittadini in merito alle attività promosse e alle decisioni assunte dal Governo. Certo non per ‘appagare’ un mio presunto “narcisismo” spiega seccato Crimi. E poi, con il suo solito equilibrio che la funzione gli impone (o imporrebbe, dipende dai punti di vista) continua:“Ricordo al giornalista Pasquale Napolitano -e a tutti i segugi che stanno riprendendo la notizia immaginando di avere per le mani lo scoop del secolo senza minimamente verificarlo-, che da anni sono previste risorse finanziarie per l’acquisizione dei servizi di sondaggio. Servizi, questi, regolarmente utilizzati anche dai governi precedenti ed anzi in misura ben superiore a quella utilizzata fino ad oggi da questo Governo.”
Il sottosegretario, dunque, riporta i dati degli stanziamenti iniziali e gli utilizzi effettivi, relativamente agli ultimi 5 anni:
- 2015: Stanziamento 510.000 €; Utilizzo 255.000 (50% del totale);
- 2016: Stanziamento 485.000 €; Utilizzo 107.000 (22% del totale);
- 2017: Stanziamento 460.000 €; Utilizzo 0 (0% del totale);
- 2018: Stanziamento 437.000 €; Utilizzo 22.500 (5% del totale);
- 2019: Stanziamento 382.000 €; Utilizzo 25.300 (7% del totale).
“Come si può facilmente dedurre dai numeri, in un anno di Governo abbiamo stanziato meno risorse per i sondaggi e speso effettivamente un decimo di quanto speso da Renzi nel 2015. E abbiamo speso ancor meno di quanto spendeva, ai suoi tempi, Berlusconi.”
Crimi, probabilmente, fa finta di non capire. Interessa poco se il governo Conte ha risparmiato sui sondaggi: la questione è che il governo di cui fa parte Crimi non avrebbe dovuto spendere nemmeno un euro per sapere se gli italiani abbiano un giudizio positivo o meno sull’operato del suo dipartimento e dell’esecutivo. Per anni hanno predicato la decrescita felice e oggi, come un governo qualsiasi, spendono decine di migliaia di euro per i sondaggi?
Però si sa, a Crimi basta non dargli ragione e gli parte l’embolo. Un po’ come accade quando gli si fanno domande sgradite o articoli che non condivide.
“Tra informazione e propaganda c’è un abisso, ma è ormai evidente che i giornali del Gruppo Editoriale GEDI, da Repubblica a L’Espresso, hanno valicato questo confine per passare dal fare informazione al fare mera propaganda politica. Tra un volantino di un partito qualunque e l’ultimo ‘servizio’ dedicato da L’Espresso al MoVimento 5 Stelle, è difficile trovare differenze: manca solo il simbolo del partito.”
Il commento di Crimi è scioccante: un sottosegretario (pensate un po’) all’Editoria che commenta, in maniera spregevole, un lavoro di un settimanale. E, non contento, aggiunge:“L’informazione è tutt’altra cosa e va sempre tutelata. Su questo non c’è dubbio. Ma chi come GEDI sceglie di fare propaganda, non invochi il sostegno dello stato, non parli di pluralismo e tutela dell’informazione. Non è possibile disinformare e gettare fango con una mano, e con l’altra raccogliere contributi pubblici per prepensionamenti (il gruppo é il maggiore fruitore degli aiuti di stato per il prepensionamento dei giornalisti), iva agevolata e altri aiuti statali. I soldi dei cittadini devono essere utilizzati per difendere il loro sacrosanto diritto ad essere informati, e non per riempire le tasche di un partito travestito da ‘giornale'”.
Crimi si è imbufalito perché nel reportage de ‘L’Espresso’ si dice che “Dovevano essere i giacobini, invece sono gli spettri, i fantasmi, le anime morte. Sono, letteralmente, la maggioranza silenziosa e indistinta: una nuova ‘palude’ – si chiamava così il gruppo più moderato e più numeroso, anche al tempo della rivoluzione francese. Trainati da Salvini e dalla sua volontà di potenza, messi sotto tiro dal Pd, i 327 parlamentari grillini hanno invaso Montecitorio e Palazzo Madama un anno fa, il 23 marzo 2018, prima seduta delle Camere dopo il voto trionfale del 4 marzo. Oggi rappresentano la quintessenza di questa legislatura recitata a soggetto”.
Uno spaccato crudele e preoccupante se si pensa che si tratta di parlamentari della Repubblica e che il giornale definisce “gli onorevoli nessuno”.
Crimi nella risposta all’articolo fa un elenco di tutte le testate appartenenti al gruppo Gedi ma, stranamente, dimentica Radio Capital dove, appena due giorni prima della sfuriata su Facebook, era stato (udite, udite) per parlare di “Copyright e diritto d’autore, in particolare della direttiva europea approvata ieri dal Parlamento Europeo”. Un’occasione per il sottosegretario “per ribadire come il MoVimento 5 Stelle non sia contrario ai principi alla base del copyright, bensì alla formula adottata dall’UE, che non tutela i piccoli editori”. Infine l’invito ad ascoltare il programma condiviso sulla propria pagina.
La domanda, dunque, sorge spontanea: ma Crimi lo sapeva di parlare dai microfoni del gruppo Gedi?