A metà luglio una circolare interna al Vaticano a firma del cardinale Pietro Parolin comunica che i monsignori Alberto Perlasca e Mauro sono radiati dal corpo diplomatico. Le vicende del Vaticano-gate.
L’obbligo era di rientrare in diocesi. Decisione avvenuta dopo l’inchiesta sull’immobile di Londra e la sospensione dai rispettivi incarichi.
L’affaire Vaticano: investimenti in finanziarie e immobili di lusso con denaro destinato ai bisognosi
Appena accusato il colpo di essere stati fatti fuori, i due ex strettissimi collaboratori di Angelo Becciu hanno deciso di aprirsi con gli inquirenti della Santa Sede.
Carlino, con una lettera, aveva già informato il Papa circa le ombre esistenti nella gestione delle finanze del cardinale Becciu. Dopo l’intervento della magistratura, Francesco ha chiesto le dimissioni del porporato. Per anni Becciu, Perlasca e Carlino hanno lavorato insieme.
Il “testimone”
Stando alle dichiarazioni di Perlasca, Becciu sarebbe stato una figura ingombrante in Segreteria di Stato. Con il suo modo “pacato e cortese di impartire gli ordini e la sua capacità di evitare scontri diretti”, avrebbe avuto buon gioco sin dall’inizio a conquistarsi la fiducia del personale della Segreteria.
Perlasca avrebbe anche raccontato dei rapporti di Becciu con i suoi fedelissimi, non solo Carlino, ma anche Fabrizio Tirabassi. Quest’ultimo responsabile dell’ufficio amministrativo della Segreteria, Enrico Crasso, gestore delle finanze della Sds attraverso Sogenel Capital holding, e il broker Gianluigi Torzi. Perlasca parla del ruolo giocato da Becciu nel periodo nel quale Parolin era assente per motivi di salute. Il monsignore avrebbe spiegato che nella Segreteria tutti erano convinti che l’uomo del Papa fosse lui e non Parolin.
100mila euro
Sempre secondo il racconto di Perlasca, ci sarebbero i 100mila euro dati alla cooperativa sarda Spes di Ozieri, di cui è presidente il fratello di Becciu, Tonino, uno dei fatti al centro delle contestazioni mosse dal Papa al cardinale. “E avrebbe confezionato dossier su monsignor Battista Ricca e Edgar Pena Parra” riporta Repubblica.
Secondo Perlasca, fu Becciu in persona a chiedergli di trovare una soluzione per girare 100mila euro a una cooperativa sarda in difficoltà. La soluzione avrebbe dovuto essere quella di dividere l’importo in più quote per non dare nell’occhio. Alla fine fu Becciu a dire a Perlasca di bonificare la somma alla Caritas di Ozieri, evitando così un link diretto con la cooperativa gestita dal fratello. Perlasca racconta anche del rapporto di Becciu con alcuni giornalisti.
Ricatti raggiri e consulenze d’oro
“Una manovra ben pianificata per realizzare un’ingente depredazione di risorse della Segreteria di Stato che non ha eguali”. Il tutto nero messo nero su bianco dalla rogatoria della procura pontificia incentrato sulla Gutt Sa, la società lussemburghese del discusso finanziere Gianluigi Torzi. Società protagonista del pasticcio dell’immobile di Londra e che genera una perdita di 100 milioni.
La ricostruzione dei fatti
Nel novembre 2018 Torzi vende alla Segreteria di Stato 30 mila azioni della società e ne tiene mille per sé. La Segreteria crede di aver messo le mani sulla Gutt Sa. Invece no. Le mille azioni di Torzi hanno diritto di voto, rendendolo padrone di tutto. Torzi bonifica 15 milioni a due delle sue società britanniche “a fronte di fatture per operazioni inesistenti”. E chiede il riconoscimento di un pagamento e il rilascio di una manleva per le operazioni compiute. “Una richiesta priva di fondamento giuridico, non aveva alcun titolo per pretendere una somma del genere”.
A novembre 2018 la Segreteria di Stato deve ottenere il trasferimento a se stessa di un immobile praticamente già suo. I responsabili, Perlasca e il funzionario pontificio Fabrizio Tirabassi, affidano formalmente alla Gutt Sa il compito di agire come procuratore della Segretaria di Stato e garantiscono verbalmente un compenso di 10 milioni di euro a Torzi. Perlasca e Tirabassi e propongono di prelevare altri 20 milioni di sterline dal conto riservato alle “spese discrezionali” di Papa Francesco.
Tirabassi sostiene di essere stato vittima di un ricatto: “Estorsione perpetuata da Torzi”. Raggirato, tanto che “gli avrebbe taciuto le differenti classi di azioni, quelle con diritto di voto e quelle senza”. Gli inquirenti non gli credono e ipotizzano un complotto.
Togliere il controllo a Torzi
Tutte le mosse successive hanno un obiettivo ben preciso: togliere a Torzi il controllo dell’investimento. Nel 2019 arriva Carlino che con Tirabassi avvia l’ennesimo piano. Punto di partenza è creare una Newco per acquisire tre società nel Jersey proprietarie dell’immobile londinese. In mezzo spunta lo studio MischonDe Reya di Londra che viene autorizzato “a pagare 10 milioni alla Lighthouse Group Investiments riconducibile a Torzi che emette anche una fattura di 5 milioni come riconoscimento dell’attività svolta”.
“La vicenda Gutt Sa è stata anche l’occasione per inserire altri personaggi, che agendo sul presupposto che doveva essere risolto il problema con la Gutt e Torzi, hanno avuto un ruolo poco chiaro”. Avvocati d’affari e broker che ricevono laute consulenze e giocano più parti.
Un dato certo è che “i flussi finanziari generati dall’operazione londinese hanno avuto numerose destinazioni sovente mascherate e che, allo stato delle investigazioni, consentono la formulazione di ipotesi di riciclaggio e autoriciclaggio”.