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Ucciso ultrà della Lazio: colpito alla testa. Le minacce ai giornalisti (video)

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L’omicidio è uno di quelli che ha appena segnato l’estate romana. Un delitto molto rumoroso.

Lui si chiamava Fabrizio Piscitelli, aveva 53 anni. Il suo soprannome era “Diabolik”: una militanza nella curva Nord del tifo laziale come capo degli Irriducibili. Ma anche un curriculum con molti precedenti per droga e una campagna di intimidazione nei confronti del presidente Claudio Lotito. A Piscitelli hanno sparato alla nuca, dietro l’orecchio sinistro, in via Lemonia 273, nel Parco degli Acquedotti, dove abitava, a Roma. Una vera e propria esecuzione.

“Diabolik” era seduto in panchina ed è stato raggiunto da un colpo di pistola calibro 7,65 alla nuca alle 18.50 di ieri. Il killer che gli ha sparato era vestito da runner.

Ad indagare sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli saranno anche i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia. La procura ha aperto un fascicolo di indagine, al momento a carico di ignoti. Nei rapporti della polizia, veniva descritto come un soggetto “pericoloso, prepotente, indifferente ai numerosi provvedimenti di polizia adottati nei suoi confronti”.

Agli inizi del 2015 Piscitelli era stato condannato, assieme ad altri 3 capi ultrà, a 3 anni e 6 mesi nell’ambito del processo per il tentativo di scalata alla Lazio che nel 2006 aveva coinvolto anche l’ex bomber icona del primo scudetto biancoceleste, Giorgio Chinaglia. Secondo i pm Rocco Fava, Vittoria Bonfanti ed Elisabetta Ceniccola, gli imputati avrebbero compiuto una “campagna” intimidatoria e di pressioni sul presidente del club Claudio Lotito finalizzata a fargli cedere il club ad un gruppo farmaceutico ungherese che sarebbe stato interessato all’acquisto e di cui Chinaglia sarebbe stato il portavoce. Nel 2016 invece Piscitelli aveva subito il sequestro di oltre 2 milioni di euro, compresa anche una villa a Grottaferrata (provvedimento poi annullato dalla Cassazione) dopo le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che lo vedevano coinvolto in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dalla Spagna.

Per gli inquirenti che indagavano all’epoca sulla vicenda, Piscitelli era ritenuto un soggetto “pericoloso” da oltre 25 anni, “vissuto costantemente all’insegna della prepotenza e della sopraffazione sul prossimo”.

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