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Tutti gli uomini di Roberto Gualtieri: la scalata dell’ex ministro alla poltrona del Campidoglio

Tutti gli uomini di Roberto Gualtieri: la scalata dell'ex ministro alla poltrona del Campidoglio

L’ex ministro Gualtieri, pur avendo un autorevole profilo per fare il sindaco della Capitale, è debole politicamente. E si è consegnato ai dem romani

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Roberto Gualtieri è un nome pesante. Soprattutto per l’eco che ancora lo avvolge dopo l’esperienza governativa con il premier – buono per tutte le stagioni e le coalizioni – Giuseppe Conte.

Roberto Gualtieri è candidato a sindaco di Roma di una coalizione di centrosinistra con la targa camuffata del Pd. Il chitarrista Gualtieri è il candidato a sindaco di un patto di sindacato fra azionisti diversi, politici che si detestano, correnti che si mescolano. E l’unico modo per sopravvivere in politica. Perdere sé stessi per ritrovarsi su una poltrona. Il capolavoro l’ha fatto con la lista civica Gualtieri che porta il suo nome e il suo volto. Il padrone di questo contenitore elettorale si chiama Alessandro Onorato, quarantenne imprenditore, una dozzina di anni da consigliere di opposizione, cresciuto con i miti di Walter Veltroni e Pier Ferdinando Casini, amico di famiglia, pupillo di Alfio Marchini, il mecenate della sinistra.

Onorato ha reclutato centinaia di candidati per i Municipi e il Campidoglio. Campagne e iniziative con circa 100.000 euro raccolti tramite la schiera degli amici allargati. Ha presentato la lista civica Gualtieri con un buon dosaggio di politici di professione, politici laici, avvocati, insegnanti, studenti e commercianti. E Gualtieri non c’entra, non ha deciso nulla.

Gualtieri: la brava persona

Dopo dieci anni da parlamentare europeo e un anno e mezzo da ministro del Tesoro, il professor Gualtieri è ancora una “così brava persona”, appiccicosa espressione che trasuda sufficienza. Il Pd romano, che è un Pd autonomo, non controllato, vigila con sguardo premuroso su Gualtieri.

I posti in lista dem li ha assegnati insieme con il deputato e tesoriere locale Claudio Mancini.

A ogni riunione per convincere i più reticenti c’era Mancini. L’abile Mancini – ricorda L’Espresso – e il gruppo del quartiere di Monteverde, da citare Fabio Bellini e altri scafati e capaci ex assessori regionali e consiglieri municipali, sono rivali del gruppo del presidente regionale nonché ex segretario nazionale Nicola Zingaretti. Allora Zingaretti ha distaccato Albino Ruberti, il suo capo di gabinetto, presso il comitato di Gualtieri e rivendica di aver risollevato le sorti di una candidatura a sindaco moscia e incolore. Gualtieri non è una scelta di Zingaretti, ma Ruberti è un messaggio inequivocabile di Zingaretti: non vincete senza di me.

Gualtieri ha raccontato due volte il suo programma.

Una volta in più per dedicare uno spazio su misura a Eugenio Patanè, presidente della commissione regionale alle infrastrutture, erede del vasto bacino elettorale di Mario Di Carlo, che fu ispiratore di Francesco Rutelli sindaco nel ’93. E da buon antico rutelliano Patanè ha già prenotato un’eventuale poltrona in giunta, ai Trasporti.

Al comitato di Gualtieri si interrogano sull’assenza di Michela Di Biase, consigliera regionale e moglie del ministro Dario Franceschini. Di Biase ambiva alla fascia di sindaco. Completate le manovre di totale inserimento nel Pd dopo l’icastica stagione nel centrodestra da Silvio Berlusconi ad Angelino Alfano, la deputata Beatrice Lorenzin, invece, svolge con impegno e dedizione, cioè comanda, il suo ruolo di coordinatrice della campagna elettorale.

La telefonata

Gualtieri, ogni sera, si rifugia nel conforto di una telefonata a Goffredo Bettini, il narratore onnisciente delle faccende romane del centrosinistra. Bettini è una presenza assai rispettata da fedeli e dal comitato di via di Portonaccio, che indirizza il dire e il fare di Gualtieri. Poi c’è un altro nome, quello di Marco Simoni, consulente economico a Palazzo Chigi nei governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, presidente della fondazione Human Technopole, l’istituto di ricerca per le scienze della vita generatosi dall’Expo di Milano.

Il Pd romano

Il Partito democratico di Roma, segretario Andrea Casu candidato alle suppletive per la Camera a Primavalle e tesoriere Mancini non candidato però fondamentale, ha esercitato lo sforzo più grosso nel far conoscere Gualtieri ai romani, per spingerlo soprattutto oltre il collegio Roma 1, zona di sua elezione a deputato, zona a traffico limitato (ztl). Il Pd di Roma ha investito migliaia di euro in santini, cartelloni e promozione sui social. Come previsto dalle regole, la conduzione economica della candidatura è passata al mandatario elettorale: l’avvocato Gianluca Luongo, legale dei Democratici di Sinistra, di Massimo D’Alema e anche di Gualtieri, da ragazzo all’ufficio legislativo dei Ds al Senato e per un biennio capo di gabinetto di Alberto Maritati sottosegretario alla Giustizia. Il comitato di Gualtieri ha una previsione di spesa di 290.000 euro e dispone già di un’eccellente liquidità per pagare un ampio organico, più di quaranta contratti.

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