Nel 2024 Donald Trump annuncia dazi, poi congela tutto per 90 giorni. Intanto Wall Street vola. Strategia economica o mossa da campagna elettorale? L’effetto è reale: i mercati ringraziano, la Cina incassa.
Trump, i dazi fantasma e l’America che gioca in Borsa. È bastata una frase. Un annuncio secco, roboante, alla Trump: “Torneremo a proteggere i nostri lavoratori. Dazi in arrivo.”
Ma il colpo grosso non è mai arrivato. Anzi, è stato congelato. 90 giorni di pausa, tre mesi di silenzio operativo, giustificati da valutazioni tecniche e “dialoghi in corso”. Ma nel frattempo, Wall Street ha festeggiato. E non poco.
Nei giorni successivi all’annuncio, l’S&P 500 è salito del 9,5%, registrando il miglior risultato dal 2008. Il Nasdaq è balzato del 12%, segnando la miglior performance dal 2001. Dati che non passano inosservati, soprattutto se si considera che – alla fine – nessun dazio è stato ancora applicato. Una semplice minaccia, con un impatto reale. Soprattutto per chi sapeva dove e quando investire.
Una tattica già vista?
Chi conosce Trump sa che l’effetto annuncio è una delle sue armi preferite. Lo fece anche durante la guerra commerciale con la Cina nel 2018-2019: dichiarazioni forti, ritrattazioni rapide, oscillazioni di mercato e vantaggi per chi stava attento alle sue parole più che ai documenti ufficiali.
Oggi, con una campagna elettorale all’orizzonte e la necessità di consolidare il consenso tra i produttori industriali americani, rilanciare la narrazione protezionista è tornato utile. Ma col vantaggio di non rompere davvero nulla: basta congelare l’attuazione e, intanto, lasciar parlare i titoli in Borsa.
Chi ci guadagna?
A guadagnarci sono gli investitori più vicini ai centri decisionali, quelli che sanno leggere in anticipo le mosse politiche, o che addirittura contribuiscono a costruirle. Ma anche i grandi fondi americani, che puntano sui titoli “made in USA”quando sentono parlare di protezionismo.
Mentre le tariffe per la Cina sono salite al 125%, dando il contentino ai falchi economici, il resto del mondo resta in attesa. L’Europa osserva, le borse si muovono, le valute si adeguano.
Dietro il sipario
La domanda vera resta: era tutto previsto?
Non ci sono prove concrete – e non ci saranno mai – che dimostrino un coordinamento tra dichiarazioni politiche e movimenti finanziari. Ma l’esperienza ci insegna che le parole, nel mondo dell’economia globale, possono valere miliardi.
E se basta un tweet o un comunicato per far girare la ruota, allora forse non stiamo più parlando di politica commerciale, ma di comunicazione strategica finanziaria.