Il sequestro nei confronti dell’ex europarlamentare di Forza Italia, Lara Comi, ammonta complessivamente a 525 mila euro.
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Con altri cinque indagati Lara Comi è accusata di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il sequestro è stato eseguito in mattinata dal Nucleo di polizia economico-giudiziaria della Guardia di Finanza di Milano. A disporre il sequestro il gip Raffaella Mascarino. Il giudice ha accolto la richiesta dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri. Per l’accusa gli indagati avrebbero incassato i finanziamenti del Parlamento Europeo dichiarando un’attività di assistenza all’ex politico di Forza Italia. Assistenza che in gran parte non sarebbe stata realizzata. La somma sarebbe poi stata fatta retrocedere in buona parte alla stessa Laura Comi e al padre.
Il gruppo avrebbe:
“indotto in errore il Parlamento Europeo in ordine ai contratti stipulati e all’attività lavorativa prestata dall’assistente locale nominato dall’europarlamentare Laura Comi procurandosi un ingiusto profitto con correlativo danno per l’istituzione comunitaria, consistente nei contributi erogati dal Parlamento per l’attività contrattualizzata, effettivamente prestata solo in minima parte”.
“Uso spregiudicato dell’incarico pubblico”
Per la procura Comi avrebbe:
“in modo sistematico e assolutamente spregiudicato piegato a fini personali il proprio ufficio pubblico, commettendo una serie di illeciti allo scopo di drenare denaro dalle casse dell’Unione Europea in proprio e in favore altrui, sfruttando a questo scopo tutti i possibili canali derivanti dal proprio ruolo”.
Il provvedimento di sequestro è parte di un’indagine partita dall’inchiesta “Mensa dei poveri”, che aveva già coinvolto Comi.
Con l’ex parlamentare europeo sono indagati per truffa, Gianfranco Bernieri, gli assistenti parlamentari Enrico Giovanni Saia e Maria Carla Ponzini (moglie di Bernieri), gli assistenti locali Giovanni Pio Gravina e l’assistente locale Alessia Monica (marito e moglie).
“Il denaro confluito sui conti del ‘terzo erogatore’ Bernieri veniva drenato dagli indagati o mediante l’appropriazione del contante, che in certo periodo veniva consegnato alla stessa Comi o al padre Renato Comi, ovvero mediante bonifici dal conto di Bernieri al conto di Lara Comi e dell’associazione ‘Europa4you’, sempre riconducibile al politico”.
Le buste consegnate a Lara Comi
Il primo rapporto di lavoro sotto inchiesta riguarda i contratti di Enrico Giovanni Saia, per un importo complessivo di 104.975 euro. Per i pm Saia, era stato informato che “avrebbe percepito solo una minima parte del compenso fissato”. Sentito a verbale, Bernieri affermava che “da dicembre 2014 e fino a dicembre 2015, quindi per l’intera durata del suo contratto, gli stipendi venivano corrisposti in contanti”. Il funzionario ricorda che “quando Comi mi disse di assumere Saia, a differenza delle altre assunzioni, mi chiese di non corrispondere al dipendente lo stipendio ma di effettuare il pagamento a lei stessa, che avrebbe provveduto personalmente a liquidare l’emolumento a Saia”. Poi Bernieri entra nello specifico:
“Come mi ha chiesto la Comi, ricevuto il bonifico applicavo le ritenute necessarie e calcolavo il netto. Quindi emettevo assegni a mio nome apponendo le firme di girata. Gli assegni erano tre o quattro al mese, sempre di importo inferiore ai mille euro, in modo da arrivare la cifra prevista di 3300. Venivano poi portati all’incasso in banca dal mio collaboratore che ritirava i contanti portandoli in ufficio. Quindi io apponevo i soldi in una busta che veniva messa nella cassaforte. Quando raggiungevo la cifra totale la Comi o suo padre Renato veniva presso il mio ufficio a girare la busta con il denaro. Saia da me non ha mai preso un euro”.
Le chat
Arrivano le prime perquisizioni e gli indagati tentano di cancellare le prove delle loro condotte. Saia racconta di una cena, nell’estate 2019, con Giovanni Pio Gravina e la moglie Alessia Monica, entrambi indagati.
“Monica prese tutti i cellulari dei presenti a tavola e li ripose in uno zainetto a debita distanza. Oltre a questo, il clima mi sembrava surreale in quanto per tutta la cena Gravina mi ha bisbigliato all’orecchio. M’invitava a fare altrettanto, ossia a moderare il tono della voce. Mi disse che era dovuto le sue preoccupazioni per le indagini incontro nei suoi confronti, temendo di essere costantemente intercettato”.
Gravina comunica a Saia di essere indagato, dice che sarà sentito in procura e che probabilmente anche Saia sarà chiamato.
“Mi disse frasi del genere: ‘è meglio se fai come dico io’, ‘non hanno nulla in mano, è la loro parola contro la tua’, ‘ricordati di cancellare la chat tra me e te”.
“Nessuna competenza”
Il secondo contratto di collaborazione sotto inchiesta, per il quale la procura ha ottenuto un sequestro di 421 mila euro, è quello a favore di Maria Carla Ponzini. La donna è stata assunta come assistente locale di Comi nel settembre 2010 fino al giugno 2015. Ponzini, che è anche moglie del terzo erogatore Bernieri, spiega di
“non aver mai svolto in passato analoghe attività lavorative”. “Ho accettato pur sapendo di non aver mai ricoperto in passato un incarico del genere, e non averne le competenze. In particolare mi è stato fatto un contratto di assunzione, ma non ricordo nel dettaglio la tipologia”.
Sul contratto in questione il Parlamento Europeo aveva all’Olaf (Ufficio europeo antifrode) copia di una lettera con cui chiedeva a Comi il recupero di parte dello stipendio pagato a Ponzini tra il 2010 e il 2015, evidenziando anche il conflitto d’interessi col marito Gianfranco Bernieri. Per l’accusa “l’indagata non è stata in grado di fornire alcuna prova del lavoro asseritamente svolto”. E “l’analisi del conto bancario del terzo erogatore ha rilevato, che almeno dal gennaio 2011, pochi giorni dopo che la retribuzione della Ponzini è stata accreditata sul conto del Parlamento Europeo, Bernieri ha trasferito una parte minore alla moglie, Ponzini, mentre la maggior parte del denaro è stata trasferita a Lara Comi o ai suoi genitori, Renato Comi e a Luisa Costa, mediante bonifico on in contanti”.