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Tortura nel carcere di Bari: condannati 9 agenti

Tortura nel carcere di Bari: condannati 9 agenti

La notte del 27 aprile 2022 un detenuto affetto da disturbi psichici, è stato aggredito con estrema ferocia da alcuni agenti penitenziari

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La notte del 27 aprile 2022, un episodio di brutale violenza si è consumato nel carcere di Bari. Un detenuto di 43 anni, affetto da disturbi psichici, è stato aggredito con estrema ferocia da alcuni agenti penitenziari mentre era totalmente inerme.

Non solo un abuso, ma una vera e propria “tortura di Stato”, perpetrata da pubblici ufficiali che hanno abusato del loro potere. Il 20 marzo, una sentenza ha condannato cinque poliziotti penitenziari per tortura e altri quattro per vari reati tra cui abuso d’ufficio, rifiuto di atti d’ufficio, violenza privata e falso ideologico. La sentenza rappresenta un punto di riferimento fondamentale per futuri processi relativi a violenze sui detenuti, inclusi i casi dei minori nel carcere Beccaria di Milano.

Le Condanne e i condannati

Gli agenti condannati sono Giacomo Delia (5 anni), Raffaele Finestrone (4 anni e 6 mesi), Giovanni Spinelli (3 anni e 6 mesi), Antonio Rosati (3 anni e 5 mesi), Francesco Ventafridda (3 anni e 4 mesi), Vito Sante Orlando (13 mesi), Michele De Lido (11 mesi), Leonardo Ginefra (6 mesi) e Francesco Valenziano (6 mesi). Due infermieri sono stati condannati a pagare 80 euro per omessa denuncia, avendo assistito al pestaggio senza intervenire o denunciare.

Il principio fondamentale della sentenza

La sentenza, presieduta dal giudice Antonio Diella, sancisce un principio chiaro: «In carcere è vietato usare la forza per punire». La coercizione a fini disciplinari è consentita solo per prevenire danni a persone o cose. La notte del 27 aprile, tuttavia, non c’era alcun pericolo imminente. Le 188 pagine della motivazione offrono un resoconto dettagliato dei minuti cruciali tra le 5:10 e le 5:14, durante i quali il detenuto è stato colpito a calci e immobilizzato a terra, con gli scarponi degli agenti premuti sulla testa e sull’addome.

Prove incontrovertibili

I filmati presentati dalla pm Carla Spagnolo e dal procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa sono stati definiti «inequivocabili». Questi video non solo ricostruiscono le responsabilità degli agenti, ma smentiscono anche le difese basate su un presunto “contenimento” del detenuto violento. È vero che il detenuto aveva appiccato il fuoco alla sua cella, causando l’evacuazione del primo piano del carcere. Tuttavia, i giudici chiariscono che l’aggressione è iniziata non appena l’uomo è stato portato al piano terra, «prima che gli altri detenuti venissero spostati». Quindi, l’aggressione non è avvenuta in un contesto di emergenza.

Un sistema sotto pressione

La sentenza evidenzia anche le difficoltà strutturali del carcere di Bari: sovraffollamento cronico (430 detenuti presenti contro una capienza di 230) e carenza di personale (solo 17 agenti in servizio quella notte). Tuttavia, nessuno stress o stanchezza può giustificare la violenza inflitta. Gli agenti hanno sferrato calci a un uomo a terra, che gridava aiuto e cercava di proteggersi dai colpi. Anche la comandante della polizia penitenziaria, Francesca De Musso, si è detta «sgomenta» di fronte a quelle immagini. La sentenza ribadisce che agli agenti si richiede autocontrollo e rispetto delle norme penitenziarie, nonché la consapevolezza di dover prendersi cura delle persone affidate loro dallo Stato.

Gli imputati potranno ora appellare la sentenza, ma il messaggio è chiaro: la tortura e gli abusi non saranno tollerati. Questo verdetto segna un precedente importante nella tutela dei diritti dei detenuti e nell’affermazione della giustizia in ambito carcerario.

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