A ormai un anno dalla pandemia Covid, appare chiara la confusione di governi e task force nel gestire la situazione. E anche la comunicazione non è molto efficiente. Dimostrazione è che su temi fondamentali come la Terapia domiciliare del dolore da Covid non se ne sa nulla.
Sulla questione si è già pronunciato il Tar che ha accolto, nei giorni scorsi, il ricorso – promosso dai medici del ‘Comitato Cura Domiciliare Covid-19‘ – in cui i si spiega che “appare fondato” in relazione alla giusta richiesta dei medici “di far valere il proprio diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile che penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”. Non solo. I giudici del Tribunale amministrativo spiegano che non può essere “compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”. Il Tar ha quindi con effetto immediato sospeso l’efficacia del provvedimento emanato da Aifa e rinviato la trattazione del merito al 20 luglio prossimo.
L’Aifa
Il Tar del Lazio ha accolto l’istanza cautelare del presidente del Comitato stesso, Erich Grimaldi, avvocato, nei confronti del Ministero della Salute e di Aifa. La decisione si riferisce alla nota Aifa del 9 dicembre 2020 contenente i “principi di gestione dei casi Covid-19 nel setting domiciliare”. Il Setting prevede nei primi giorni di malattia la sola “vigile attesa” e la somministrazione di Fans (farmaci anti-infiammatori non steroidei) e paracetamolo o dell’eparina ma solo per gli allettati. Pone, dunque, indicazioni di non utilizzo di altri farmaci generalmente usati dai medici di medicina generale per la cura del Coronavirus.
“Finalmente – ha spiegato in una nota l’avvocato Grimaldi – anche il Tribunale Amministrativo ha compreso che lasciare i pazienti senza cure precoci a domicilio è assolutamente inaccettabile“. “Ora ci aspettiamo una revisione immediata delle linee guida ministeriali, tenendo conto dello schema terapeutico redatto dai nostri medici per le cure domiciliari precoci, nell’interesse di tutto il Paese”.
Insomma, per l’Aifa ci sono dei farmaci
Tra quelli non raccomandati contro il COVID-19: si citano antibiotici, idrossiclorochina, le combinazioni Lopinavir/ritonavir e Darunavir/ritonavir o cobicistat. Nel documento vengono indicati anche i medicinali che possono essere utilizzati solo “in specifiche condizioni”, come corticosteroidi ed eparine. E contro questo protocollo di “vigile attesa e paracetamolo” si erano espressi negativamente diversi medici. Tra i professionisti c’è chi osservava potenziali effetti negativi del paracetamolo e chi sottolineava la necessità di un trattamento tempestivo, per evitare che i pazienti arrivassero in ospedale nelle condizioni che ormai tutti conosciamo. I medici del ‘Comitato Cura Domiciliare Covid-19‘ hanno dunque presentato il ricorso.
Il Gruppo
Il gruppo nasce da un’idea dell’avv. Erich Grimaldi, del Foro di Napoli, il quale, nel corso della prima ondata, aveva fondato, nel mese di marzo 2020, il gruppo Facebook #esercitobianco. Lo scopo era quello di collegare i medici del territorio di diverse regioni, al fine di ottenere una condivisione delle terapie attuate, in un contenitore unico d’informazioni, onde poter richiedere al Ministero della Salute, alla Presidenza del Consiglio e a tutte le regioni, un protocollo univoco, a disposizione della medicina territoriale. Il tutto senza discriminazioni sulle cure tra le regioni e con lo scopo di agire in scienza e coscienza ai primi sintomi, come già proposto da un gruppo di 100mila medici.
Nel gruppo #terapiadomiciliarecovid19 in ogni regione, sono confluiti medici di ogni territorio con l’obiettivo di ottenere dapprima la libertà prescrittiva e, poi, la riabilitazione dell’uso off-label dell’idrossiclorochina (come sancita dal Consiglio di Stato, con ordinanza dell’11 dicembre 2020).
La richiesta al ministero e il silenzio di Roberto Speranza
Il gruppo ha sollecitato più volte il Ministero della Salute, la Presidenza del Consiglio e i governatori di tutte le regioni di stilare un protocollo univoco di cura. Nel frattempo è nato il Comitato di scopo per il diritto alla cura tempestiva domiciliare nell’epidemia di Covid19, al quale tutti i membri del gruppo Facebook nel mese di agosto 2020, con l’inizio della seconda ondata, ha accolto i pazienti positivi sintomatici, divenendo un punto di riferimento importante, per centinaia di persone che, sentendosi abbandonate dei territori, trovavano conforto ed assistenza a distanza dei numerosi medici del gruppo.
La strategia ha evitato centinaia di ospedalizzazioni di pazienti supportati a distanza.
I medici si riuniscono in una chat di whatsapp per definire uno schema terapeutico per la cura domiciliare del Covid19, condiviso da medici statunitensi come Harvey Risch e Peter A. McCullough.
“Il gruppo – spiegano su Facebook – oltre alla disponibilità dei medici, reperiva la disponibilità di altri specialisti:
1) psicologi, psicoterapeuti e psichiatri si dichiaravano disponibili a supportare, in modo gratuito, pazienti covid, nella fase emergenziale;
2) farmacisti si dichiaravano disponibili a reperire bombole d’ossigeno nonché a coordinarsi per reperire farmaci carenti;
3) dietisti e biologi nutrizionisti si dichiaravano disponibili a supportare, in modo gratuito, la fase alimentare, di pazienti covid, nella fase emergenziale”.
I pazienti curati senza intasare gli ospedali
“È già diverso tempo che sono iscritto. Ho sentito giustamente tanti ringraziamenti al fondatore ed ai medici. Io invece vorrei ringraziare tutte le mediatrici. Ho avuto modo di costatare essere sempre prontissime nel mettere in contatto, a tutte le ore, pazienti e medici con estrema sollecitudine e professionalità.” Così un paziente che si è rivolto alla pagina Facebook della Terapia domiciliare. Poi c’è chi chiede: “Sono Francesco abito in provincia di Venezia ho 66 anni venerdì fatto tampone rapido positivo sintomi febbre 37,5/38,5 saturazione 92/93 il medico di base mi ha consigliato Tachipirina posso procedere o meglio aspirina o altro?“.
A migliaia i consulti e i ringraziamenti sulla pagina Social. Per legittimare una situazione del genere e salvato vite c’era bisogno di un ricorso al Tar?
di Antonio Del Furbo
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