“Rousseau è associazione in cui noi gestiamo tutti i nostri sistemi informatici. L’associazione non ha legami con la Casaleggio Associati” e “non esistono collegamenti né normativi né economici tra azienda privata e M5s”. Ecco il nuovo Team del futuro.
A ribadirlo Luigi Di Maio, il capo politico del M5s, appena qualche giorno fa (il 12 dicembre) a Piazza Pulita. E non è la prima volta che il Ministro degli esteri torna sull’argomento “Casaleggio”. A fine novembre, sempre Di Maio, ha dovuto gestire “l’ira” di ben 70 parlamentari pronti a farlo fuori come capo politico. Rivolta nata, soprattutto, sulla poca trasparenza nei rapporti tra Davide Casaleggio e il Movimento politico. “Davide Casaleggio non ha mai partecipato a un incontro politico” ha aggiunto Di Maio in un’altra trasmissione televisiva.
L’Onu, Di Maio e Casaleggio
Strano che l’esponente grillino non ricordi che, proprio a fine settembre scorso, Casaleggio era in prima fila all’evento organizzato all’Onu a New York. In che veste? Non si è mai capito perché nessuno dei vertici a 5 stelle ha ritenuto opportuno dare una spiegazione plausibile.
Di Maio, probabilmente, non ricorda nemmeno che, proprio in quei giorni, si stava lavorando alla chiusura del piano di “democratizzazione” del Movimento che sarebbe sfociato nel progetto dei “facilitatori” presentato proprio ieri a Roma. E proprio lì erano stati decisi i nomi di quei 12 “facilitatori” che, ognuno per la propria competenza in materia, avrebbe curato i rapporti con il governo e i territori. Nomi che poi sono stati ‘candidati’ su Rousseau per essere votati.
L’atto di accusa di De Falco
“Non è più un mistero che Luigi Di Maio e Davide Casaleggio abbiano stretto un patto di potere attraverso il quale hanno acquisito il controllo del Movimento Cinque Stelle nel 2017, attraverso un’altra associazione che porta il medesimo nome di quella precedente, fondata nel 2009 e che era caratterizzata dal “non statuto”. A dirlo è l’ufficiale Gregorio De Falco, eletto e poi espulso dal Movimento. “Davide Casaleggio, con la sua associazione ‘Rousseau’ -spiega De Falco- non si occupa solo dei sistemi informatici e della comunicazione, strumenti con cui concorre a determinare le scelte della principale forza politica italiana, dalla quale incassa circa un milione di euro/anno. I parlamentari versano una retta in funzione di interessi e finalità che sono a loro imperscrutabili. Il Movimento 2017 impone tali donazioni, in relazione ad un preteso ‘debito’ contratto con la elezione”.
I malumori
Parole, quelle di De Falco, che confermerebbero i malumori tra i grillini. I settanta parlamentari, infatti, sarebbero in rotta di collisione proprio con Casaleggio e avrebbero, già da tempo, intrapreso una sorta di “sciopero” delle donazioni mensili alla piattaforma Rousseau. Dunque, i 300 euro da versare ogni trenta giorni alla Casaleggio e Associati non verrebbero versati dagli onorevoli. Non solo.
Il nuovo conto corrente
Gli altri 2mila euro che ogni parlamentare versa vanno, da un bel po’ di mesi, su un conto corrente intestato a Patuanelli e D’Uva e a DI Maio. Una “riforma” pensata ai piani alti del Movimento che ha cancellato il fondo del ministero dell’Economia che finanzia le piccole e medie imprese al fine di essere destinati sul nuovo conto. Tutto questo “per poter diversificare le nostre azioni in maniera efficace” dicono sempre Patuanelli e D’Uva e “soprattutto per coinvolgere i nostri iscritti in queste decisioni. Anziché un’unica restituzione per un’unica iniziativa, potremo destinare i soldi restituiti ai cittadini a più iniziative sui territori e nelle regioni che decideranno gli iscritti! Ed è per questo che i prossimi destinatari saranno decisi attraverso la piattaforma Rousseau con un voto online”.
Peccato però che i soldi in “avanzo” finiranno nelle casse di Rousseau e di Davide Casaleggio. Non solo. Se da un momento all’altro dovesse cadere il governo tutti i soldi raccolti sul conto corrente (circa 3 milioni di euro) andrebbero, sempre, nelle casse di Rousseau.
Un legame, quello tra la Casaleggio e il Movimento, che appare chiaro seppur i vertici a 5 stelle neghino la vicenda. E a confermare questa ipotesi proprio l’ultimo atto messo a segno dal gruppo politico con il lancio del “team del futuro”: sei facilitatori per l’organizzazione, dodici per seguire altrettanti temi. Diciotto nomi con cui il leader cercherà di garantire la maggiore collegialità auspicata a gran voce dagli eletti. Il “team del futuro”, nelle intenzioni di Di Maio, dovrebbe sfornare il cronoprogramma delle riforme da qui al 2023.
Gli uomini fedeli a Di Maio e alla Casaleggio
Nel Team del futuro di Di Maio, però, ci saranno sempre persone di sua fiducia. Per esteri e Ue la referente è Iolanda Di Stasio, molto legata a Pietro Dettori, uomo chiave del Movimento: ex dipendente della Casaleggio Associati, a lungo autore materiale dei post sul blog di Grillo, poi arrivato nello staff di Di Maio al Governo. Stessa vicinanza al capo politico è quella di Maria Pallini (lavoro e famiglia), Valeria Ciarambino (sanità), originaria di Pomigliano D’Arco come Di Maio, e Luca Frusone (sicurezza e difesa). Più indipendenti, spesso anche critici con la gestione dimaiana, sono invece i facilitatori per l’innovazione (Luca Carabetta), istruzione e ricerca (Dino Giarrusso, l’ex Iena già consulente di Lorenzo Fioramonti quando era sottosegretario) e agricoltura (Luciano Cadeddu).
Non allineato è poi il senatore napoletano Vincenzo Presutto, che ha vinto la sfida per la casella dell’economia. I colleghi lo segnalano come l’unico ortodosso del team, ovvero l’unico vicino al presidente della Camera, Roberto Fico. Campano è anche il facilitatore per il tema imprese: si tratta del consigliere regionale Gennaro Saiello, di specchiata fede dimaiana. Sempre dalla Campania (collegio di Salerno) arriva Andrea Cioffi, responsabile infrastrutture e trasporti: ex sottosegretario al Mise, ha preso con più filosofia degli altri la mancata conferma. All’ambiente è stato invece scelto Giampiero Trizzino, consigliere regionale in Sicilia e consulente ambientale, uno dei più acerrimi nemici del Muos. Siciliana pure la neoresponsabile giustizia del M5S: la deputata Valentina D’Orso.
La donna chiave
Nel Team del futuro la persona chiave è Enrica Sabatini e si occuperà del Coordinamento e degli affari interni. Dunque, un incarico non di poco conto per la socia di Rousseau che avrà in mano l’anima del Movimento. Enrica Sabatini, ‘lady Rousseau’, è il braccio ‘armato’ della Casaleggio Associati, ovvero colei che sostiene che la democrazia diretta sia ‘un faro’. È la ‘donna più influente nei meccanismi decisivi di Rousseau al punto che qualcuno pensa a lei, più che a Di Battista, per la successione a Di Maio. Sabatini ha esportato Rousseau all’estero, prima in Portogallo, poi in Finlandia, in Brasile e in Giappone.
Nel team, dunque, una “quota” rilevante a Casaleggio. “I cittadini chiedono sempre di più. La nuova organizzazione dovrà rispondere a tutto questo. Dovrà essere un’orchestra che suoni in armonia” ha detto ieri la Sabatini sul palco in occasione della presentazione ufficiale del nuovo “team”.
Non si capisce, però, se gli elettori a 5 stelle chiedevano che a governare un Movimento politico ci fosse una socia di una piattaforma riferibile a una società privata che, a sua volta, fa affari con multinazionali e lobby.