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Tangenti in Lombardia: “Modalità mercantili di gestione della cosa pubblica”. Le chat di Lara Comi

Lara Comi con manifesto elettorale
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Intorno alla vicenda giudiziaria di Lara Comi, arrestata ieri con cinque capi d’imputazione, pare ruotare sempre la stessa politica. Quella politica fatta d’interessi, accordi sotto banco e comportamenti torbidi. Un modello, quello delle tangenti in Lombardia, che pare rispuntare dal passato.

“L’unico orizzonte dei politici e dei manager coinvolti nell’inchiesta erano le competizioni elettorali in programma e il bacino di voti che i protagonisti” dell’indagine “sono in grado di garantire”. Da qui partiranno gli interrogatori di garanzia come scrive Repubblica che riporta uno stralcio dell’inchiesta.

Ad argomentare sarà proprio l’ex parlamentare europea di Forza Italia, Lara Comi. Con lei dovrà chiarire la sua posizioni anche Paolo Orrigoni, ad dei supermercati Tigros e candidato sindaco della Lega a Varese nelle ultime Comunali. 

Lara Comi sapeva dell’indagine

“Scarica Telegram, se dovessero chiamarti non rispondere né al telefono, né agli sms, poi ti spiego”, scriveva la Comi a Maria Teresa Bergamaschi, presidente della Camera penale di Savona, quando sospettò di essere intercettata. E sempre a lei il 10 maggio chiede: “Secondo te mi possono indagare?”. Tre giorni dopo la Bergamaschi consegnò il suo telefono ai pm con quelle chat. “Comunque oggi io dirò che non ho mai preso 17 mila euro, non ho mai avuto consulenze con Afol né di società a me collegate che non esistono…” scriveva la Comi.

“Chiariremo”

Gian Piero Biancolella, l’avvocato di Comi, assicura:“chiariremo tutte le circostanze contestate ed evidenzieremo che non esistono esigenze cautelati di sorta in quanto la mia assistita si è dimessa da tutte le cariche pubbliche”. In un passaggio dell’ordinanza la gip scrive invece che vista la “refrattarietà dimostrata dalla Comi in merito al rispetto delle regole” potrebbe ripetere le condotte che le vengono contestate “in una pluralità di scenari che non presuppongono necessariamente l’attuale copertura di una pubblica funzione”. Dunque, secondo la difesa non ci sono tracce di tangenti.

Il “burattinaio”

Le accuse alla Comi arrivano anche da Nino Caianiello, l’uomo che avrebbe gestito nomine e incarichi in Lombardia. Caianiello è definito il “burattinaio” ed è stato arrestato nelle prime fasi dell’inchiesta. Sarebbe stato lui a cercare la finanziamenti che potessero garantire la rielezione dell’ex eurodeputata. “Questa è matta! È fuori controllo eh! Capisco la frenesia elettorale…porti a casa 25 mila euro al mese…sò 11 anni…io non ho visto un euro!” diceva in una telefonata.

Modalità mercantili di gestione della cosa pubblica

Gli inquirenti hanno motivato le misure cautelari perché era in atto “modalità mercantili” di gestione della cosa pubblica. Afol, ente della Città metropolitana che si occupa di “contrasto della disoccupazione e promozione del capitale umano” , rappresentava per i giovani una opportunità per realizzarsi nella società. Invece, scrive il gip, “a proposito della gestione dei finanziamenti stanziati per un elevato numero di giovani, provenienti dall’Italia meridionale”, il gruppo di indagati “traducono in cifre ciò che potranno ricavare dallo sfruttamento illecito di tale problematica, che per gli stessi rappresenta nient’altro che una golosa torta da spartire”.

Zingale e la proposta ad Attilio Fontana

Zingale era già indagato per istigazione alla corruzione per aver proposto al presidente della Regione, Attilio Fontana, di assegnare consulenze all’ex socio del governatore dopo la mancata elezione. E, dunque, Zingale finisce in carcere a questo giro per la consulenza da 21mila euro affidata all’avvocato Maria Teresa Bergamaschi su indicazione di Lara Comi. ” Non si è fatto scrupolo alcuno di utilizzare e strumentalizzare la carica rivestita in Afol per la realizzazione di interessi privati – scrive la gip – trasformando l’ente in un terreno di scambi politici”.

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