Oltre a essere uno dei ‘capoccia’, era anche capo del settore legale dell’Agenzia delle Entrate di Pescara. Si chiama Giovanni Imparato e avrebbe favorito una società romana finita sotto i controlli dell’ente. Braccato dalla GdF mentre intasca una busta piena di soldi.
Il numero due dell’Agenzia delle Entrate pescarese e a capo del settore legale, è finito agli arresti domiciliari. Imparato, tra l’altro, è vice segretario nazionale del sindacato Confsal-Salfi e già noto alle forze dell’ordine e molto conosciuto negli ambienti dell’economia di Pescara. Già ad aprile scorso, in seguito alle perquisizioni dei militari in via Rio sparto, il funzionario era stato sospeso dal servizio.
La Guardia di Finanza aveva, inoltre, eseguito un backup del computer in uso a Giovanni Imparato. Inoltre gli era stato vietato di accedere al luogo di lavoro con il divieto assoluto di contattare i dipendenti.
Tutta l’attività investigativa si è concentrata sui rapporti di Imparato con una società con sede legale a Pescara ma con attività fuori dall’Abruzzo il quale aveva, con l’Agenzia, un contenzioso di 38mila euro.
Imparato incontrò il commercialista dell’azienda a Roma da cui ricevette, secondo gli investigatori, la somma ritenuta corruttiva che sarebbe servita per pilotare, a favore della società, il contenzioso tributario e anche per remunerare altre ‘attenzioni’ resi dal funzionario tra i quali quello della sospensione amministrativa emesso dall’Agenzia Pescarese, a firma proprio di Imparato.
Inoltre, lo stesso funzionario, avrebbe bloccato il pignoramento dei beni da parte di Equitalia e offerto opportune strategie difensive.
La lunga lista di arresti di funzionari
Il 22 aprile scorso, ad Ascoli Piceno, è stato arrestato un altro funzionario dell’Agenzia delle Entrate in flagranza di reato e sorpreso con 2mila euro in contanti appena intascati. Le banconote, segnate dalle Fiamme Gialle, erano state date da un ascolano al dirigente all’interno della casa di quest’ultimo. A denunciare il fatto ai militari era stata la vittima che aveva riferito di aver ricevuto pressioni per pagare ed evitare futuri controlli.
Ad Agrigento, a dicembre 2015, sempre la Guardia di Finanza scoprì un giro di denaro, favori e assunzioni. In quell’occasione finirono in manette quindici persone tra imprenditori, dipendenti pubblici infedeli, funzionari e dirigenti locali dell’Agenzia. Le accuse furono di corruzione, falso ideologico e materiale, truffa e abuso d’ufficio.
“Vincenzo Tascarella nella sua qualità di pubblico ufficiale – scrisse la Procura parlando del funzionario dell’Agenzia – accettava la promessa di una somma di denaro per omettere atti del proprio ufficio e/o per compiere atti contrari ai propri doveri d’ufficio. Tascarella accettava la promessa della somma di denaro per favorire l’annullamento dell’avviso di accertamento da lui stesso emesso con un provvedimento di autotutela, ‘piegando’ la propria funzione istituzionale di funzionario dell’agenzia delle Entrate all’interesse della società contribuente”.
Gli uffici della pubblica amministrazione coinvolti furono la direzione, l’ufficio controlli-area accertamenti, l’ufficio legale e l’ufficio accertamento della direzione regionale delle entrate di Palermo.
A Torino, nel 2012, fu arrestato il direttore dell’Agenzia provinciale delle Entrate perché prendeva mazzette per chiudere gli occhi rispetto agli accertamenti tributari di grosse aziende. In particolare, una busta passata sotto la scrivania di un imprenditore fu la prova lampante.
A Ravenna, nello stesso anno, un funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Ravenna fu arrestato con l’accusa di concussione per avere ritirato una bustarella con 15 mila euro dalla co-titolare di una boutique di Milano Marittima, sul litorale della città romagnola. L’uomo fu bloccato fuori da una bar della località rivierasca appena aver intascato la somma.