“Nei quattro anni di mia vicepresidenza del Csm”, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella “non è mai intervenuto sulle nomine dei magistrati ai vertici degli uffici giudiziari”.
di Antonio Del Furbo
Queste le parole dell’ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, pronunciate il 15 giugno scorso. Dichiarazioni giunte in piena tempesta giudiziaria (e mediatica) intorno al caso Palamara e alle nomine dei vertici del Csm. E Legnini riferendosi sempre al Capo dello Stato ha aggiunto che “ha sempre garantito l’autonomia del Csm e dei suoi organi, limitandosi a fornire indirizzi generali sul rispetto delle procedure”. “Nei quattro anni di mia Vicepresidenza del Csm, il Presidente della Repubblica ha assicurato un costante e prezioso sostegno all’attività consiliare. Il Presidente Mattarella non è mai intervenuto sulle nomine di magistrati ai vertici degli Uffici Giudiziari ed ha sempre garantito, attraverso le frequenti interlocuzioni con il Vice Presidente, l’autonomia del Csm e dei suoi organi, limitandosi a fornire indirizzi generali sull’attività consiliare e sul rispetto delle procedure”.
Il dubbio che mi ha invaso leggendo le dichiarazioni è riferibile a una domanda molto chiara: perché Legnini ha sentito la necessità di affidare alla stampa una dichiarazione di quel tipo in difesa di Mattarella?In altre parole: perché un “sottoposto” avverte l’esigenza di prendere le difese del “proprio capo”?
”L’intero plenum ed io personalmente -scrive ancora l’ex vice del Csm- abbiamo espresso in molteplici occasioni, fino all’ultima seduta, profonda gratitudine per la sua guida attenta e saggia. Ugualmente, i rapporti con il Ministro della Giustizia Andrea Orlando e, seppur per un breve periodo, con il Ministro Alfonso Bonafede sono sempre stati improntati al rigoroso esercizio delle rispettive prerogative costituzionali, senza alcuna ingerenza né sulle nomine né su altre decisioni. Tutte le delibere sugli incarichi direttivi e semidirettivi, nell’arco di una consiliatura intensa e molto produttiva, sono state assunte in piena collegialità, con la partecipazione attiva di tutti i consiglieri togati e laici e senza alcuna interferenza politica. Le espressioni che si ricavano dagli stralci delle intercettazioni pubblicate oggi dalla stampa circa i rapporti tra Csm e Quirinale rappresentano millanterie senza alcun riscontro con la realtà”.
Dunque, Legnini si dice “certo che le gravi vicende che emergono dagli atti di indagine, che tanto turbamento e sconcerto stanno suscitando nella magistratura e tra i cittadini, saranno oggetto di accertamento compiuto e definitivo sia in sede giudiziaria che davanti all’Organo di autogoverno, che sta dimostrando di disporre di capacità e forza per superare una crisi così preoccupante. I cittadini e le istituzioni democratiche hanno necessità di recuperare piena fiducia nella magistratura, le cui funzioni autonome ed indipendenti costituiscono presidio insostituibile per la democrazia e per ciascuno dei cittadini. Mi auguro che le iniziative di riforma, da anni preannunciate, possano costituire una positiva occasione per rafforzare la fiducia nei confronti della giustizia italiana”.
Insomma a decidere se la magistratura deve essere assolta dalla vicenda partita dal pm Longo e che ha coinvolto il pm Palamara e quasi tutto il Csm, secondo le parole di Legnini, è proprio il Csm. Analisi un po’ strana. Certo è che i cittadini sicuramente non riporranno fiducia nella magistratura fino a quando non ci sarà una vera riforma della giustizia che, però, temiamo, non arriverà mai a compimento per via della sottomissione della politica ai giudici.
Mi chiedo: se uno scandalo simile avesse colpito il Parlamento, o addirittura il governo, sarebbe bastata un’autoriforma? Vorrei ricordare che Palamara in tutto questo caos giudiziario non si è fatto un minuto di carcerazione preventiva, sebbene ci fosse un reale pericolo di inquinamento delle prove.
Il punto, però, è un altro. Perché Legnini ha consegnato una sua dichiarazione alla stampa per assicurare la buona condotta di Mattarella ma non ha mai pensato di riferire dei suoi probabili incontri con il pm Giuseppe Longo che ha ammesso di aver venduto la sua funzione pubblica agli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore?
Longo, come abbiamo raccontato, era in cerca di raccomandazione per scalare la magistratura e arrivare a capo della procura di Ragusa. Per questo, riferisce il pm stesso ai giudici che lo hanno interrogato, si mosse per incontrare sia l’attuale presidente del Senato, Casellati, sia l’allora vicepresidente del Csm, Legnini.
Potrebbe Legnini far sapere all’opinione pubblica se:
- ha mai incontrato il pm Longo?
- se era a conoscenza dei movimenti di Palamara per piazzare un uomo alla procura di Roma?
- era a conoscenza che Longo aveva chiesto aiuto anche a Palamara?
- ha mai incontrato Amara nel suo ufficio?
- ha mai incontrato il professor Pasquale Dell’Aversana?
- sapeva che l’evento di Avellino a cui partecipò fu organizzato proprio da Calafiore, che era entrato nel comitato organizzativo dell’organismo?
- sapeva che Longo è stato socio dell’Aprom insieme al sodale Amara per anni, tanto da versare pure le quote di iscrizione?
Se Legnini rispondesse a queste domande magari l’opinione pubblica potrebbe, almeno, iniziare a pensare a ridare un’eventuale fiducia alla magistratura.