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Sinatra, il pm molestato sessualmente dal collega Creazzo: processo da rifare

Sinatra, il pm molestato sessualmente dal collega Creazzo: processo da rifare

La storia di una donna offesa, molestata da un collega che considerava un amico fidato, è purtroppo comune

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La storia di una donna offesa, molestata da un collega che considerava un amico fidato, è purtroppo comune, ma ogni caso ha le sue particolarità dolorose.

È il caso di Alessia Sinatra, un magistrato palermitano che nel 2019 ha subito una molestia sessuale dall’allora procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo. Questo evento ha segnato profondamente la sua psiche e la sua vita, portando a una serie di vicende giudiziarie che si sono concluse solo di recente con una significativa svolta.

La Condanna e l’Appello

Nel 2019, Sinatra confidò la sua esperienza dolorosa all’amico Luca Palamara, allora influente nel mondo della magistratura, definendo Creazzo con termini duri e carichi di rabbia. Tuttavia, questa confidenza non denunciata pubblicamente si è ritorta contro di lei. L’anno scorso, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha condannato disciplinarmente Sinatra, accusandola di interferenze indebite. La sentenza del CSM non tenne conto del contesto di sofferenza personale che aveva spinto Sinatra a sfogarsi con un amico, considerando solo l’atto di confidenza come una grave interferenza.

L’Intervento della Cassazione

Recentemente, la Corte Suprema ha deciso di intervenire. La Cassazione ha ordinato al CSM di rifare il processo disciplinare, riconoscendo l’errore evidente nella sentenza originale. La Corte ha sottolineato che il CSM non aveva considerato adeguatamente il contesto di umiliazione e sofferenza di Sinatra, che aveva subito un’avance non denunciata ma profondamente traumatizzante.

La Cassazione ha evidenziato che il giudice disciplinare aveva valutato la situazione in modo troppo apodittico, senza considerare che le conversazioni tra Sinatra e Palamara rappresentavano uno sfogo privato derivante da una violenza subita. La decisione iniziale del CSM, secondo la Cassazione, aveva ignorato la dimensione umana e psicologica dell’accaduto, trattando la mancata denuncia di Sinatra come una sorta di colpa.

La Svolta nel Processo

Durante il processo disciplinare, la sostituta procuratrice generale della Cassazione, Gabriella De Masellis, aveva chiesto l’assoluzione di Sinatra, ritenendo che il fatto non fosse rilevante. Tuttavia, questa richiesta fu ignorata dal collegio presieduto dal vicepresidente del CSM, Fabio Pinelli, che marciò dritto verso la condanna. Ora, la Cassazione ha riconosciuto che questa decisione era errata e ha chiesto un nuovo processo, sottolineando l’importanza di considerare l’impatto psicologico delle molestie subite.

Nuovo Processo al CSM

La Cassazione ha affermato che non si può trascurare l’influenza della sofferenza prolungata causata dalle molestie sessuali subite da Sinatra, specialmente quando provengono da un collega anziano in un contesto lavorativo. La Corte ha inoltre evidenziato come la condotta abusiva di Creazzo abbia avuto effetti duraturi su Sinatra, causando crisi di ansia e attacchi di panico. Questi effetti erano aggravati dal tradimento di una fiducia che Sinatra riteneva fondata su un’amicizia oltre che su una colleganza professionale.

La sentenza della Cassazione richiede quindi un nuovo processo disciplinare, che dovrà valutare la vicenda nella sua globalità e determinare se le conversazioni di Sinatra con Palamara abbiano effettivamente leso l’immagine pubblica del magistrato, come inizialmente ritenuto. Questo nuovo processo riaprirà ferite profonde, ma offre anche la possibilità di una rivincita per Sinatra, che ha sofferto ingiustamente per aver confidato a un amico la sua dolorosa esperienza.

Conclusione

La recente decisione della Cassazione offre una speranza di giustizia per una donna che ha subito una doppia vittimizzazione: prima per la molestia subita e poi per la condanna disciplinare inflittale per averne parlato. Questo caso sottolinea l’importanza di considerare il contesto umano e psicologico nelle decisioni giudiziarie, ricordando che la giustizia deve sempre tenere conto della complessità delle esperienze personali.

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