È stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione nel processo diritti Mediaset. Silvio Berlusconi ha atteso la sentenza a Villa Grazioli.
È stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione nel processo diritti Mediaset. Silvio Berlusconi ha atteso la sentenza a Villa Grazioli. La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici è stata annullata e rimandata alla Corte d’appello di Milano. La camera di consiglio è durata sette ore. Silvio Berlusconi non andrà in carcere perché tre dei quattro anni da scontare sono coperti dall’indulto. Per l’anno da scontare potrà chiedere l’affidamento ai servizi sociali perché ultrasettantenne. Niccolò Ghedini e Franco Coppi, nell’arringa finale, avevano chiesto l’annullamento del verdetto sostenendo l’assenza della prova nei confronti del Cavaliere.
Diritti Mediaset
I diritti televisivi venivano acquisiti sul mercato internazionale dalla Fininvest prima, da Mediaset poi, attraverso il medesimo meccanismo. I produttori stranieri vendevano ad una società del comparto estero del gruppo e che a sua volta le rivendeva ad altre società. In tutti questi passaggi il prezzo lievitava e a farne le maggiori spese era lo Stato che con tali “costi fittizi creati diminuendo gli utili del gruppo diminuivano anche le imposte da versare all’erario”.
“Fin dalla seconda meta degli anni ’80 il gruppo Fininvest aveva organizzato un meccanismo fraudolento di evasione, connesso al cosiddetto ‘giro dei diritti televisivi’. I diritti di trasmissione televisiva, provenienti dai produttori, venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest, venivano sottoposti a una serie di passaggi infra gruppo, o con società solo apparentemente terze, giungevano poi a una società maltese che, infine, li cedeva alle società emittenti. I passaggi erano funzionali solo a una artificiosa lievitazione di prezzi. Del resto gran parte delle società intermedie erano prive di una reale struttura commerciale. Prova ne era che l’originaria acquisizione dei diritti era operata direttamente dalla struttura di Reteitalia prima e diMediaset poi, che faceva capo a Bernasconi e ai suoi collaboratori. Una struttura che riceveva le richieste degli addetti commerciali delle reti e si avvaleva, in particolare, della consulenza tecnica dell’imputato Lorenzano che procedeva alla trattativa per gli acquisti con le majors o altri fornitori. Nessuna funzione svolgevano invece le società del comparto estero che figuravano come prime acquirenti.
Il sistema rimaneva riservato, per ovvie ragioni, anche all’interno del gruppo Fininvest, interessando un numero il più esiguo possibile di persone. Il contratto originario di acquisto, definito ‘master’, dopo essere stato sottoscritto, spesso da un mero fiduciario, quale, per esempio, l’imputato Del Bue, non veniva reso pubblico, nemmeno all’interno della struttura Reteitalia-Mediaset. (…) Avvicinatasi la data di prevista decorrenza, si procedeva alla stipulazione dei cosiddetti ‘subcontratti’, di solito per periodi frazionati rispetto a quelli del contratto iniziale. I subcontratti venivano preparati dalla struttura svizzera di Fininvest Service s.a., sulla base delle indicazioni fornite da Bernasconi, recepite dalla incolpevole Cavanna”.
Venivano allora preparate, sempre dalla struttura di Fininvest Service, delle schede, solitamente composte da tre pagine, delle quali la seconda, con l’indicazione dei prezzi, veniva mantenuta presso la sede di Fininvest Service, mentre a Milano venivano inviate solo le schede contenenti le informazioni utili per la programmazione (…). Dal1995 il sistema si modificava. Scomparivano generalmente i passaggi infra-gruppo, e i diritti venivano fatti intermediare da società che apparivano terze, venivano ceduti alla società maltese International Media Service Ltd (di seguito per brevità Ims) che, a sua volta, li cedeva a Mediaset, rimanendo immutato il meccanismo di lievitazione dei prezzi. Il tutto aveva comportato un’evasione notevolissima per le somme individuate in imputazione”.