Giuseppe Conte ha capito che la situazione è fuori controllo. O meglio, che non sta toccando palla da quando Matteo Renzi gli ha dato l’aut aut. All’orizzonte c’è il Conte ter. Forse.
A Bruxelles hanno letto l’intervista di Matteo Renzi a El Pais, lo sgarbo internazionale che assomiglia a una sfiducia. Così Conte reagisce (o cerca di reagire) decidendo di trasformare la verifica sul Recovery in una verifica di governo. E di avviare un percorso che dovrebbe portare a un Conte ter pilotato e senza traumi, se necessario con dentro Matteo Renzi.
Ma non c’è molto tempo.
Pare che Matteo Renzi sia intenzionato a dichiarare conclusa la stagione dell’esecutivo subito dopo il voto sulla manovra, attorno al 28 dicembre. Conte sta correndo e a breve incontrerà i leader di maggioranza faccia a faccia. Riunirà “nelle prossime ore e nei prossimi giorni le singole forze politiche di maggioranza“, poi le vedrà “collegialmente”. Farà tutto in un paio di settimane. Il percorso immaginato dal premier è quello di un patto di legislatura e un terzo governo Conte. La condizione è che gli alleati gli chiedano un Conte ter. E che lo facciano “pubblicamente, in modo trasparente, assumendosene la responsabilità“. Un modo per costringere innanzitutto il fondatore di Iv a non rimangiarsi la parola data, una volta aperta formalmente la crisi. Fatto sta che se Conte vuole salvarsi deve mettere mano alla delega ai Servizi.
Nicola Zingaretti e Renzi lottano sulla cybersicurezza.
E c’è un duello in consiglio dei ministri sulla cyber-sicurezza tra l’avvocato e due big come Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. Senza dimenticare le parole non casuali di Renzi al Paìs: “Non daremo pieni poteri a Conte”. Dovrà cedere la delega, per trattare.
Dopo l’intervista di Renzi al quotidiano spagnolo il premier ha spinto il Movimento a intervenire, il Pd a uscire dalla neutralità almeno per un giorno. Trattare per un “ter” significa anche concedere. Ad esempio aprendo la squadra di governo a Renzi. Da giorni, Conte considera inevitabile che accada.
Le elezioni
Le elezioni, comunque, sicuramente non le vuole Luigi Di Maio, per ragioni ovvie di sondaggi. E nemmeno il Pd, che ha in mano il Paese e rischia di consegnare l’Italia (e il Colle) al sovranismo. E neanche Renzi, l’unico che lo ammette. Il suo piano B di Renzi prevede un nuovo esecutivo guidato da Conte, ma il piano A resta quello di un accordo tra leader di maggioranza per defenestrarlo, una volta aperta la crisi. Più volte ha lasciato trapelare che andrebbe benissimo un esecutivo Zingaretti.
Sicuramente tocca all’avvocato portare allo scoperto i suoi nemici. Quelli che chiama in causa sospettosamente quando ricorda che “ci sono delle istanze molto critiche, dobbiamo capire cosa nascondono, quali obiettivi”.