Alla fine il ‘trap boy’ Gionata Boschetti, in arte Sfera Ebbasta, è stato indagato. A iscriverlo nel registro è stata la Procura di Pescara “per istigazione all’uso di sostanze stupefacenti”. Il fascicolo a suo carico è stato aperto a seguito dell’esposto presentato da due senatori di Forza Italia, Lucio Malan e Massimo Mallegni che hanno individuato anche la procura di Pescara come destinatario in quanto il capoluogo adriatico è stato tappa del tour del cantante.
L’inchiesta, dunque, parte proprio da quel capoluogo adriatico in cui, il 12 luglio scorso, Sfera Ebbasta ha tenuto un concerto nell’ex Cofa a Pescara nell’ambito del Terrasound Festival. L’artista era stato celebrato positivamente anche dall’attuale amministrazione comunale che, come abbiamo riportato, ne vantava le doti. “Veicolare la cultura musicale ai più giovani, portando in città eventi a loro dedicati” sosteneva orgogliosol’assessore comunale a Turismo e Grandi eventi del Comune di Pescara, Giacomo Cuzzi. “Sfera ebbasta” sempre per Cuzzi “è un personaggio da cui molti giovani trovano ispirazione”.
“Al termine della fase istruttoria, che il procuratore Massimiliano Serpi ha voluto comunque disporre – riferisce Il Corriere – senza valutare l’eventuale possibilità di spostare magari la competenza alla procura corrispondente alla prima città in cui il cantante si è esibito, è possibile che il magistrato che conduce l’inchiesta decida di ascoltare lo stesso Gionata Boschetti”.
I due senatori sostengono che, oltre a “frequenti oscenità”, i testi delle canzoni di Sfera Ebbasta “si riferiscono pressoché tutti all’uso di droghe e spesso al loro spaccio, senza mai accennare alle negatività di tali pratiche, anzi prospettando tale stile di vita come simbolo di successo”.
“L’uso personale di droga non è un reato, quindi se mai ci fosse istigazione non sarebbe finalizzata a commettere reato. Diverso è il caso dello spaccio, che invece ovviamente lo è. Ma in ogni caso è tutto da vedere se il testo di una canzone trap può essere considerato una spinta a delinquere — commenta l’avvocata Caterina Malavenda, esperta di diritto dell’informazione e della comunicazione —. Io ne dubito, anche perché altrimenti non avremmo molti capolavori della musica internazionale”.