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Non c’è mai stata infiltrazione mafiosa a Seregno. A dirlo, oltre un anno fa, noi di Zone d’Ombra. A ribadirlo oggi un documento d’indagine governativo.

di Antonio Del Furbo



Il rapporto, chiesto dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti al Prefetto, è stato reso noto solo oggi dal sindaco del comune brianzolo, Alberto Rossi, durante il consiglio comunale. Un documento rimasto segreto per un anno: come mai?

Seregno: quella triste storia di arresti per ‘ndrangheta. Che non c’è

Nel decreto, firmato il 10 maggio 2018 da Minniti e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 maggio 2018 si legge:

“Considerato che gli elementi complessivamente emersi non presentano la necessaria congruenza rispetto ai requisiti di concretezza, univocità e rilevanza, richiesti dal modello legale di cui al comma 1 del citato articolo 143; visto il comma 7 del richiamato articolo 143, che dispone, nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, che il ministro dell’Interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emani comunque un decreto di conclusione del procedimento; visto il decreto del ministro dell’Interno in data 4 novembre 2009, recante la disciplina delle modalità di pubblicazione del suddetto decreto di conclusione del procedimento; decreta che il procedimento avviato nei confronti del Comune di Seregno, ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, numero 267, è concluso”.

Dunque, i lavori della commissione hanno evidenziato che non c’è criminalità organizzata a Seregno. Indagine che partì in seguito alla bufera giudiziaria che travolse l’amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco di Forza italia, Edoardo Mazza, con l’obiettivo di accertare eventuali infiltrazioni mafiose nella macchina comunale.

Quella mattina del 26 settembre 2017 sui cieli della Brianza arrivarono persino gli elicotteri. I giudici parlarono di traffico internazionale di droga, di corruzione, di personaggi lombardi legati a doppio filo con la peggiore Calabria. I giornali evidenziarono un collegamento molto marcato tra Seregno e la ‘ndrangheta. Furono arrestati, in maniera spettacolare, l’allora sindaco di Forza Italia Edoardo Mazza con l’accusa di corruzione per aver favorito, secondo l’accusa, gli affari di un noto costruttore ritenuto legato alle cosche, interessato in particolare alla costruzione di un centro commerciale, in cambio di voti.

Peccato che, come riportammo, dopo 5 mesi da quegli arresti, il Tribunale del Riesame parlò di “Carenza di gravità indiziaria, non risultando comprovati né la illegittimità del procedimento amministrativo né l’intervento tra le parti di un accordo corruttivo”. Motivazioni con il quale il Tribunale, sostanzialmente, stroncò l’indagine della Dda di Milano. E, come se non bastasse, scoprimmo che alcune intercettazioni telefoniche furono trascritte in maniera errata tali da portare alle dimissioni dell’intero Consiglio comunale di Seregno e alla nomina di un commissario prefettizio. Infatti, il prefetto propose lo scioglimento disponendo la sospensione del consiglio comunale con la nomina di un commissario prefettizio, Antonio Cananá, per la provvisoria amministrazione dell’ente.

Minniti, però, ordinò al prefetto di Monza e Brianza, Giovanna Vilasi, di esercitare l’accesso al Comune di Seregno per verificare la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso.

Se l’allora ministro dell’Interno avesse chiesto a noi gli avremmo risparmiato tutta questa fatica.

Di admin

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