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Da anni, ormai, la triste storia della politica italiana subisce l’attacco violento della magistratura che, a quanto pare, ne “indirizza” anche le volontà.

di Antonio Del Furbo 

 

In questo tritacarne giustizialista-mediatico ci sono capitati (e ci continuano a capitare) tutti gli schieramenti politici di tutto lo schieramento costituzionale.

La triste storia, appunto, iniziò con i giudici di Tangentopoli che disintegrarono la prima Repubblica a colpi di arresti, per poi sferrare l’attacco finale alla seconda. Centinaia di partiti polverizzati, nel corso dei decenni, da inchieste che, spesso, si sono rivelate fuffa.

Quante persone hanno marcito in carcere a gridare la loro innocenza mentre fuori dal “tempio” il popolo gridava “Barabba libero”? Tante, troppe. Quante amministrazioni sono cadute sotto i colpi della magistratura? Tante, troppe.

Come quella di Seregno, ad esempio, dove una bella mattina il pm ordina arresti in grande stile: addirittura con l’arrivo di elicotteri. E ci sarebbe da ridere mangiando popcorn in poltrona se fosse un film. Ma, purtroppo, un film non lo è stato perché nella storia di Seregno, come in altre, uomini e donne hanno avuto la vita segnata per sempre dalla realtà. Da questa triste realtà.

La mattina del 26 settembre 2017, infatti, sui cieli della Brianza volarono elicotteri come se non ci fosse un domani, come se da quelle parti si nascondessero potenti boss mafiosi. I giudici parlarono di traffico internazionale di droga, di corruzione, di personaggi lombardi legati a doppio filo con la peggiore Calabria. Su tutti i giornali si parlò di un collegamento molto marcato tra Seregno e la ‘ndrangheta.

Agli arresti finì, in maniera spettacolare, l’allora sindaco di Forza Italia, Edoardo Mazza con l’accusa di corruzione per aver favorito gli affari di un noto costruttore ritenuto legato alle cosche, interessato in particolare alla costruzione di un centro commerciale, in cambio di voti. 

Le anime dell’inchiesta furono due: una criminale, di droga ed estorsioni e una tutta politica a cui si arrivò seguendo la prima. Inchiesta, quest’ultima, che culminò con l’arresto dell’ex vicepresidente della Regione Lombardia di Forza Italia, Mario Mantovani che, secondo l’ordinanza, sarebbe stato “all’epoca il politico di riferimento dell’imprenditore-amico Antonio Lugarà”.

Insomma inchieste che dimostraroono, secondo il procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini “la facilità estrema della ‘ndrangheta di infiltrarsi nel tessuto istituzionale”. Parole pesanti, molto pesanti che portarono i carabinieri del Comando provinciale di Milano a eseguire gli arresti alle prime luci dell’alba nelle province di Monza, Milano, Pavia, Como e Reggio Calabria. In tutto, 27 misure cautelari: 21 in carcere, 3 ai domiciliari e 3 interdittive, firmate dai gip Pierangela Renda e Marco Del Vecchio. Le accuse: associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale. Ai domiciliari finì anche il sindaco di Seregno, accusato di corruzione per aver favorito gli affari del costruttore (in carcere) che a sua volta si sarebbe doperato per procurargli voti e ottenere dal politico, una volta diventato primo cittadino, una ‘speciale’ variante al piano urbanistico comunale e una “risoluzione celere della pratica urbanistica” per la costruzione di un centro commerciale dell’ex area Orto. 

L’inchiesta dei carabinieri partì nel 2015 con i pm monzesi Salvatore Bellomo, Giulia Rizzo e del procuratore della Repubblica di Monza Luisa Zanetti e rappresenta una costola dell’indagine “Infinito”, che nel 2010, sempre coordinata dalle procure di Monza e Milano, aveva inferto un duro colpo alle “Locali” ‘ndranghetiste in Lombardia. 

E dopo tutto questo a distanza di 5 mesi come stanno le cose?

Appena due mesi dopo il Tribunale del Riesame scrive:“Carenza di gravità indiziaria, non risultando comprovati né la illegittimità del procedimento amministrativo né l’intervento tra le parti di un accordo corruttivo”. Motivazioni con il quale il Tribunale, sostanzialmente, stronca l’indagine della Dda di Milano.

Insomma, nessuna corruzione e nessun voto di scambio politico- mafioso.

Gli stessi difensori di Lugarà, avevano sostenuto dall’inizio la regolarità dell’iter amministrativo del progetto edilizio e la mancanza del corrispettivo della corruzione contestato nell’appoggio politico al sindaco Mazza.  “I singoli profili di illegittimità del procedimento amministrativo ravvisati dal gip sulla base delle indicazioni provenienti dal consulente tecnico del pm appaiono di dubbia sussistenza e non emergono nemmeno dal contenuto delle conversazioni intercettate”. Anzi, “non sembra che i pubblici dipendenti riservino un particolare trattamento di favore a Lugarà, essendo numerose le conversazioni in cui, a fronte di proposte di semplificazione, i predetti ribadiscono la necessità di procedure più complesse ed articolate”.

E sul voto di scambio il Tribunale del Riesame aggiunge che le fonti di prova del gip “appaiono idonee esclusivamente a comprovare una condotta di per sé legittima di appoggio elettorale imputabile a Lugarà”.

E non è finita qui. Come riporta Il Dubbio, alcune intercettazioni telefoniche sono state trascritte in maniera errata tali da portare alle dimissioni dell’intero Consiglio comunale di Seregno e alla nomina di un commissario prefettizio. “L’intera indagine si basa su una consulenza tecnica di un architetto nominato dalla Procura e sul massiccio ricorso alle intercettazioni telefoniche” spiega l’avvocato Ricci a Il Dubbio. Che aggiunge:“Non esistendo intercettazioni fra Lugarà, il sindaco Mazza e i funzionari comunali in cui emergano atti contrari ai doveri d’ufficio finalizzati all’ottenimento delle autorizzazioni – afferma Ricci – gli investigatori sono ricorsi ad una intercettazione fra due assessori”.

Nel frattempo un’intera Giunta si è dimessa e il Comune commissariato. Chi paga tutto questo?

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