Altra ventata di arresti nelle aule di giustizia italiane. Dopo la carcerazione per associazione per delinquere, corruzione e falso dell’ex pubblico ministero del Tribunale di Trani, Antonio Savasta, giudice del Tribunale di Roma, e del collega Michele Nardi, pm a Roma, oggi sono finiti ai domiciliari il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l’ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, Raffaele Maria De Lipsis, l’ex giudice della Corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso e il deputato dell’Assemblea regionale siciliana Giuseppe Gennuso.
A emettere le ordinanze di custodia cautelare con l’accusa corruzione in atti giudiziari è stato il gip di Roma, Daniela Caramico D’Auria
In particolare sono cinque gli episodi di corruzione contestati dai magistrati romani agli arrestati. E sono 150mila gli euro utilizzati per corrompere i giudici. L’indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio del 2018 scorso nell’ambito in uno dei filoni dell’inchiesta. Le dichiarazioni hanno trovato riscontro attraverso intercettazioni, analisi dei flussi finanziari ed intercettazioni.
L’indagine
Le presunte sentenze pilotate presso palazzo Spada e presso il Consiglio di giustizia amministrativa di Sicilia avrebbero prodotto un giro di mazzette da 150.000 euro. Tra i i giudici arrestati l’ex consigliere di Stato Nicola Russo, già destinatario di un ordine di cattura a marzo scorso insieme all’immobiliarista Stefano Ricucci. Amara ha raccontato di aver pagato 20.000 euro a Russo per pilotare sentenze su tre diversi procedimenti.
L’ex presidente del Cga siciliano Raffaele Maria De Lipsis, accusato di corruzione avrebbe intascato diverse tangenti da Amara. De Lipsis era stato uno dei primi a finire nel mirino dei pm di Roma e Messina. A De Lipsis ricorrevano Amara e il suo socio di studio Calafiore per favorire dei loro clienti.
La sentenza contestata è quella in cui De Lipsis accolse il ricorso di Giuseppe Giannuso che portò all’annullamento delle elezioni regionali a Siracusa facendo poi rivotare e favorendo così l’elezione di Giannuso che, sempre secondo gli inquirenti, avrebbe pagato 30.000 euro per il tramite dell’amico consigliere della Corte dei Conti Caruso. Tra i mediatori delle sentenze pilotate torna il nome dell’avvocato Stefano Vinti il professionista che, secondo quanto dice l’ex parlamentare Italo Bocchino intercettato, comprava le cause “a blocchi”.
Con De Lipsis salgono a tre i giudici del Cga siciliano ad essere finiti agli arresti in un’inchiesta che promette nuovi sviluppi.