Francesco Schiavone, conosciuto come “Sandokan”, è stato a capo di una delle organizzazioni criminali più temute all’interno del panorama della criminalità organizzata: i Casalesi.
Schiavone ‘Sandokan‘ confessa. Recentemente ha deciso di collaborare con le autorità giudiziarie.
La notizia è emersa pochi giorni prima del trentesimo anniversario dell’assassinio di don Peppe Diana. Si ipotizza che la decisione di Schiavone di cooperare possa essere stata presa alcune settimane fa, quando è circolata la notizia del suo trasferimento nel carcere dell’Aquila per motivi di salute. Nato settant’anni fa a Casal di Principe, Schiavone è detenuto dal 11 luglio 1998, quando è stato rintracciato in un bunker nel centro di Casal di Principe, in via Salerno, insieme alla moglie e ai due figli.
Attualmente deve scontare diverse condanne all’ergastolo. La sua carriera criminale ha avuto inizio molto presto, prima ancora di compiere diciotto anni, quando è stato autista del boss Umberto Ammaturo e successivamente autista e guardia del corpo di Antonio Bardellino. In seguito, Schiavone si ribellò a Bardellino insieme ad altri capi dei clan casalesi e assunse il controllo dell’organizzazione criminale dopo la scomparsa del capo. La morte di Bardellino rimane uno dei misteri che potrebbe essere chiarito grazie alla sua collaborazione con le autorità giudiziarie.
Oltre a questo, attraverso i suoi racconti potrebbero emergere dettagli su altri casi irrisolti e svelare eventuali complicità e rapporti con il mondo imprenditoriale e politico che per anni ha favorito i gruppi criminali di Casal di Principe.
Chi è Francesco Schiavone
Francesco Schiavone, noto come “Sandokan” per la sua presunta somiglianza con l’attore della serie televisiva Kabir Bedi degli anni ’70, è stato il capo del clan dei Casalesi. Ha ereditato il ruolo da Antonio Bardellino, il cui destino rimane avvolto nel mistero dalla sua scomparsa nel 1988.
Nato il 3 marzo 1954 a Casal di Principe, Schiavone è stato sposato con Giuseppina Nappa, dalla quale ha avuto sei figli, due dei quali sono attualmente in latitanza. Nel 1989, è stato arrestato in Francia a Millery, vicino Lione, in un’operazione che ha coinvolto agenti della Criminalpol, Interpol e polizia francese, mentre tentava di usare un’identità falsa. Dopo una breve detenzione, è tornato in libertà.
Il suo arresto definitivo è avvenuto il 11 luglio 1998 in un bunker nel centro di Casal di Principe. Da allora è stato condannato a scontare diversi ergastoli.
Figlio di un agricoltore locale, Schiavone si fece presto notare per le sue attività criminali, diventando l’autista di Umberto Ammaturo. Il suo coinvolgimento con i Casalesi si consolidò sotto la guida di Bardellino, diventandone l’autista e guardia del corpo. È noto un episodio in cui avrebbe aggredito un maresciallo dei carabinieri per ottenere informazioni su un evento legato alla morte di un parente.
Appassionato del mito di Napoleone, nel suo rifugio sono stati ritrovati dipinti dell’imperatore francese. Il suo primogenito, Nicola, che aveva assunto il comando del clan, è stato arrestato nel 2018 e ha scelto di collaborare con la giustizia, così come la moglie. Nel novembre 2021, un altro figlio, Walter, ha seguito il loro esempio. Gli altri due figli, Carmine ed Emanuele, sono detenuti, mentre Ivanhoe è l’unico ancora in libertà.
Il pentimento di Schiavone rappresenta una svolta nel mondo della camorra. Apre la strada alla possibilità che altri boss, incluso Francesco Bidognetti, possano seguire il suo esempio.
Le sue confessioni potrebbero essere cruciali per le indagini. Non solo per ricostruire il passato criminale dei Casalesi e individuare responsabili di omicidi e agguati, ma anche per comprendere la struttura attuale dell’organizzazione e la sua infiltrazione in vari settori legali ed economici.
Con diverse condanne, inclusa una per omicidio, Schiavone è soggetto al regime carcerario del 41 bis, confermato nel gennaio 2018 dalla Cassazione.