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Sanitopoli abruzzese, direttore Tg5 assolto dal tribunale di Campobasso

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Il direttore della testata, insieme al collega Alberto Cappato, fu indagato per diffamazione aggravata. Entrambi avrebbero leso, secondo i magistrati che hanno indagato sulla sanitopoli abruzzese, la loro reputazione.

Il direttore della testata, insieme al collega Alberto Cappato, fu indagato per diffamazione aggravata. Entrambi avrebbero leso, secondo i magistrati che hanno indagato sulla sanitopoli abruzzese, la loro reputazione. La procura pescarese mirò e fece fuoco sul servizio che andò in onda al Tg5 nel luglio 2011 riguardante una perizia della difesa che faceva “crollare la prova regina dell’accusa”. Inoltre il servizio poneva seri dubbi sulla veridicità delle foto che, secondo Cappato, erano state manipolate. Papa, a conclusione delle indagini, ipotizzò l’accusa, per i due giornalisti, di diffamazione nei confronti dell’allora procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi e dei due sostituti Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli. La procura di Campobasso scrisse che “Il servizio televisivo in questione ha leso la reputazione dei magistrati della pubblica accusa mediante suggestione dell’opinione degli ascoltatori, indotti a valutare assai negativamente l’operato e lo stesso profilo professionale e morale degli stessi (che avrebbero utilizzato e avvalorato, se non addirittura costituito prove false) mediante una rappresentazione dei fatti (peraltro anche smentita dalle risultanze del giudizio) consapevolmente esagerata e distorta a senso unico, senza rispettare né l’obbligo della verifica puntuale delle ‘voci’ e delle asserzioni difensive, né i limiti della continenza e della verità”. E ancora “Il ricorso, specie nella intitolazione e nella presentazione del citato servizio ad espressioni gravi, forti, rappresentate come verità emergenti dal processo, contrarie alle conclusioni cui erano pervenuti i magistrati che si erano occupati della vicenda, il sensazionalismo facilone e incontrollato delle notizie trasmesse, risultavano palesemente idonee a indicare a pubblica disistima i detti magistrati e non risultavano pertanto rispettose dei limiti, pur amplissimi, connessi al diritto di informare e criticare”.


ZdO 


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