Si fa presto a parlare di igiene negli ospedali. Ma il punto è: stiamo davvero affrontando il problema alla radice? Perché se ogni anno muoiono 12mila persone in Italia per infezioni resistenti agli antibiotici, e se negli ospedali si infettano 500mila pazienti, qualcosa – anzi, molto – non funziona.
Sanità malata: 12mila morti l’anno per infezioni ospedaliere. È su questo che si è concentrato il primo Convegno Nazionale SAN-ITA, dal titolo lungo e ambizioso: “ICA, AMR e il ruolo dell’Ambiente – Le sfide verso il 2050 per Sanità, Salute e Sanificazione”. Organizzato da COPMA, una cooperativa che da anni porta avanti un modello di sanificazione – il PCHS – basato sul controllo del microbiota ambientale, il convegno ha messo in fila numeri, dati e analisi inquietanti. Non si tratta solo di pulire meglio le corsie degli ospedali, ma di ripensare da zero l’approccio alla prevenzione.
Il problema è ovunque: nell’aria, nei cibi e nella nostra ignoranza
Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) in Italia colpiscono quasi il 10% dei ricoverati. Peggio di noi, in Europa, fa solo il Portogallo. I costi? 2,4 miliardi di euro l’anno e 2,7 milioni di posti letto occupati inutilmente. Ma non è solo una questione di numeri: è il sistema stesso a non reggere più. Troppo disinteresse, poca formazione per medici e infermieri, scarso controllo, linee guida ignorate.
E il quadro si complica se allarghiamo lo sguardo: microplastiche ovunque, stili di vita sbagliati, abitudini alimentari nocive, abuso di farmaci e antibiotici anche quando non servono. In pratica: stiamo creando l’ambiente perfetto per far proliferare virus e batteri che non possiamo più combattere.
Walter Ricciardi: “Situazione catastrofica”
Tra i relatori del convegno, il professor Walter Ricciardi, volto noto dell’igiene pubblica, ha parlato senza mezzi termini: la situazione è catastrofica e le misure messe in campo finora sono del tutto insufficienti. Ha fatto eco Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, che ha presentato una revisione sugli interventi realmente efficaci per contenere le ICA: sorveglianza continua, formazione, e linee guida OMS da seguire – non da archiviare nei cassetti.
Franco Berrino: “Il microbiota è la nostra prima linea di difesa”
E poi c’è l’altra faccia della medaglia: quella che riguarda il nostro corpo e le sue difese naturali. Franco Berrino, epidemiologo e volto storico della prevenzione oncologica, ha riportato l’attenzione sul microbiota intestinale, il “mondo invisibile” dentro di noi che tiene in equilibrio il nostro sistema immunitario. “Ogni ciclo inutile di antibiotici – ha spiegato – è un attacco diretto a quel fragile ecosistema. Nei bambini piccoli, quattro o cinque cicli di antibiotici aumentano il rischio di malattie intestinali croniche fino a cinque volte”.
E attenzione: non è la sporcizia il problema, ma l’eccesso di igiene. Berrino ricorda che “vivere in ambienti rurali o crescere con animali domestici riduce il rischio di ammalarsi. Mentre il parto cesareo e l’interruzione precoce dell’allattamento ci privano dei batteri buoni di cui abbiamo bisogno”.
Le scelte alimentari che ci rovinano (e quelle che ci salvano)
C’è poi la questione – enorme – dello stile di vita. “Vita sedentaria, troppe proteine animali, poche fibre vegetali, abuso di zuccheri: è un disastro annunciato”, avverte Berrino. Le fibre, presenti in frutta, verdura e cereali integrali, sono fondamentali per nutrire i batteri buoni. Se li ignoriamo o li uccidiamo con antibiotici e diete sbagliate, lasciamo la porta spalancata alle infezioni.
E infine, un appello: “Serve tornare alla vera Dieta Mediterranea, quella autentica, ricca di vegetali, legumi, cereali integrali. Non quella finta che oggi viene servita tra hamburger e bibite zuccherate”.
La sanificazione non è solo una questione di detersivi
Serve un cambio di mentalità. Una rivoluzione culturale. Perché finché pensiamo che basti disinfettare meglio, continueremo a curare solo i sintomi. Le infezioni resistenti non sono un incidente, ma il risultato di anni di politiche sbagliate, disattenzioni sistemiche e ignoranza coltivata a tavolino.
È tempo di guardare il problema per quello che è: un’emergenza sanitaria, ambientale e culturale. E affrontarla per davvero, senza nascondere la polvere – e i batteri – sotto il tappeto.