Salvatore Baiardo, figura centrale nelle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze riguardo ai mandanti occulti delle stragi del ’93-’94, rischia i domiciliari.
Salvatore Baiardo rischia i domiciliari: nuovi sviluppi nell’inchiesta sulle stragi del ’93-’94. Questo provvedimento, confermato dalla Cassazione, è stato preceduto da un’attenzione sempre crescente da parte degli inquirenti nei confronti di Baiardo, il quale è stato anche accusato di agevolazione mafiosa.
La Cassazione dichiara che l’ordinanza è “efficace solo all’irrevocabilità”.
Ciò vuol dire che Baiardo al momento non andrà agli arresti domiciliari. Solo all’esito di una nuova valutazione del tribunale del Riesame di Firenze su ciò che resta delle accuse contro l’ex gelataio, i giudici potrebbero disporre per lui i domiciliari per la sola calunnia in danno di Massimo Giletti.
La Corte di Cassazione ha discusso ieri, 3 aprile, in un’udienza di camera di consiglio il ricorso presentato dall’avvocato Carlo Taormina, difensore di Baiardo, contro il decreto del Tribunale del riesame di Firenze. Tale decreto aveva stabilito la misura degli arresti domiciliari per il gelataio di Omegna, in risposta al ricorso presentato dai pubblici ministeri contro l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari Antonella Zatini, che aveva originariamente respinto la richiesta di arresto presentata dalla procura.
La Corte di Cassazione ha in parte accolto le argomentazioni dei pubblici ministeri Luca Turco, Luca Tescaroli e Lorenzo Gestri. In particolare, la Corte ha appoggiato le tesi dei pubblici ministeri riguardanti l’accusa di calunnia da parte di Baiardo nei confronti di Giletti.
La foto di Graviano, Berlusconi e Delfino
Giletti aveva riferito ai pubblici ministeri di essere stato accusato da Baiardo di aver mostrato una foto in cui erano ritratti, secondo Baiardo, Silvio Berlusconi, il boss Giuseppe Graviano e il generale dei carabinieri Francesco Delfino seduti intorno agli anni ’90 a un tavolino sul lago di Orta, vicino a Omegna, dove Baiardo risiedeva all’epoca e ospitava i Graviano, attivi nella stagione degli omicidi di quegli anni. Baiardo, interrogato a sua volta dai pubblici ministeri, aveva negato categoricamente tutto.
Nel contesto delle misure cautelari, in cui vengono valutati solo gli indizi e il “fumus” del reato (senza pregiudicare la presunzione di non colpevolezza), la decisione definitiva è stata contraria a Baiardo e favorevole a Giletti, secondo quanto deciso dai giudici della Corte Suprema. Questa decisione arriva dopo una serie di valutazioni contraddittorie da parte dei magistrati, con i pubblici ministeri che inizialmente propendevano addirittura per l’arresto in carcere, il Giudice per le indagini preliminari contrario a qualsiasi forma di detenzione, e infine il Tribunale del riesame che, in parte, ha condiviso le argomentazioni dei pubblici ministeri riguardo alla foto e alle diverse versioni di Baiardo e Giletti, imponendo gli arresti domiciliari per Baiardo.
Accolta dalla Cassazione le argomentazioni della Difesa
La Corte di Cassazione ha anche accolto le argomentazioni dell’avvocato Carlo Taormina, difensore di Baiardo, riguardo a un altro episodio di calunnia contestato dalla procura, questa volta nei confronti di Giancarlo Ricca, sindaco di un paese vicino a Omegna negli anni ’90. Tuttavia, la Corte ha dato ragione ai pubblici ministeri Turco e Tescaroli riguardo all’aggravante di mafia, rinviando entrambe le questioni a un nuovo giudizio del Tribunale di Firenze.
In sintesi, la Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso in appello cautelare della procura, riformando l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Firenze e applicando la misura degli arresti domiciliari nei confronti di Baiardo riguardo all’accusa di calunnia nei confronti di Giletti. Tuttavia, ha respinto le altre richieste della procura, dichiarando l’ordinanza efficace solo fino all’irrevocabilità. Riguardo all’aggravante di mafia, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Firenze per un nuovo giudizio.