È arrivata a bordo di un Ducato guidato da un uomo. La donna è scesa e si è intrufolata nel cassone degli stracci portandone via alcuni. Un passante ha scattato alcune foto cercando di dissuadere i due dal gesto.
“L’ho invitata ad uscire dal cassone giallo” racconta l’uomo “e la risposta dell’autista del furgone è stata: ‘è meglio che i vestiti li prendiamo noi per i nostri bambini, lo sai che cosa ne fa la Caritas?'”.
A quel punto la replica del residente della zona:“esci subito non me ne frega un cavolo, se si fa male?”. La contro replica è stata:“tranquillo non si fa niente, comunque se succede la porto in ospedale”.
Il giro d’affari che ruota intorno ai duemila cassonetti gialli sparsi in tutta la città di Roma sfiora i 2 milioni di euro. La raccolta è affidata a quattro cooperative: Apemaia, Hermes, Agape, Rau e New Horizons. Gli indumenti vengono poi venduti ad aziende che hanno il compito di sanitizzarle.
La criminalità organizzata ha da tempo messo l’occhio sul business che permette, con una serie di passaggi, di aumentare il prezzo finale del prodotto. Per questo la Camorra sta eliminando la concorrenza e imponendo i propri prezzi. Una delle coop, infatti, hanno dovuto vendere abiti ad una società riconducibile a Pietro Cozzolino, pregiudicato di Ercolano, che, tra l’altro, vanta traffici di droga e armi.
Chi non accetta le richieste subisce incendi e ricatti. È noto che alcuni uomini di mafia e camorra stiano tentando di entrare nell’Ama, il più grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali erogati per il Comune di Roma. Ciò per orientare gli appalti verso aziende ‘amiche’.
ZdO