La storia è sempre la stessa: da un lato uno Stato che dovrebbe pensare all’incolumità dei cittadini, dall’altro automobilisti braccati da autovelox imboscati. E la direttiva Minniti la municipale non è tenuta a rispettarla?
Antonio Del Furbo
Eppure il Ministero dell’Interno, che probabilmente è dovuto intervenire per evitare che qualche abuso di potere da parte di vigili e sindaci continuasse, è stato molto chiaro.
Nello specifico la direttiva classifica i sistemi di rilevamento della velocità in tre maxi-categorie: fissi (come il Tutor e il Vergilius), temporanei (l’autovelox) e mobili (dispositivi utilizzati da un veicolo in movimento).
In merito all’azione di controllo dei dispositivi di accertamento della velocità media, nel provvedimento si legge che questa “deve essere attuata su tratti di strada non troppo brevi, tali da far prospettare un controllo pressoché simile a quello della velocità istantanea o puntuale. A tal fine si ritiene opportuno che la distanza minima tra le sezioni di ingresso e di uscita del tratto stradale lungo il quale si esegue il controllo non risulti inferiore a cinquecento metri, se la velocità ammessa lungo lo stesso tratto non sia superiore ai 60 km/h, e a mille metri se la velocità ammessa è superiore o uguale a 100 km/h, con distanze minime intermedie in funzione della velocità nell’intervallo tra 60 e 110 km/h”.
Ancora:
“La direttiva vieta gli autovelox nascosti spiegando che le postazioni per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili. La legge non fissa una distanza minima tra l’avviso segnaletico e la postazione di controllo che deve comunque essere “adeguata” e per la quale bisogna fare riferimento, precisa la direttiva, alla velocità locale predominante del tipo di strada.”
In particolare, su autostrade e strade extraurbane la distanza minima è fissata a 250 metri, su strade extraurbane secondarie e urbane di scorrimento è di 150 metri, mentre sulle altre strade scende a 80 metri.
Riguardo la misurazione della velocità rilevata dai sistemi elettronici la direttiva spiega che “alla velocità accertata dall’apparecchio di misura deve essere applicata una riduzione a favore del trasgressore pari al 5% del valore rilevato, con un minimo di 5 km/h. Eventuali decimali risultanti da questa operazione non possono essere oggetto di ulteriore arrotondamento, né è possibile tener conto di eventuali ulteriori percentuali di riduzione collegate all’incertezza della misura dello strumento che sono già comprese nella percentuale citata”.
Insomma, la direttiva Minniti parla chiaro ma, a quanto pare, nella giungla dei Comuni le regole fanno fatica ad attecchire.
A Roma, ad esempio, accade che durante un controllo velox non vengano posizionati cartelli di avvertimento e, come spesso accade, la pattuglia sia pure imboscata e con i vigili dentro. Ma, nel caso riportato in questo video, i vigili vanno oltre: c’è persino uno di loro che schiaccia il pisolino.
“Il problema del ‘fare cassa’ per o Comuni riguarda non solo gli introiti da autovelox ma tutte le multe in genere” scrive qualcuno a commento del video girato diffuso da Emiliano. “Infatti, io credo, tutti i Comuni nel bilancio preventivo inseriscono una somma derivante dalle multe, una cifra che raramente e’ inferiore a quella dell’ anno precedente, come dovrebbe essere se si effettuasse un vero servizio di prevenzione delle infrazioni con una presenza “attiva” sul territorio.”
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