Nazario Pagano, senatore e coordinatore regionale di Forza Italia in Abruzzo, ha diffuso una nota al termine dell’udienza del Tribunale di Rimini che oggi lo ha assolto con formula piena nell’ambito del processo ‘Rimborsopoli‘ perché il fatto non sussiste.
“Dopo 7 lunghi anni, il tribunale di Rimini ha confermato la mia assoluta correttezza e onestà nel ricoprire il ruolo di presidente del consiglio regionale, cancellando le ombre create da un’inchiesta che all’epoca ebbe un’esagerata risonanza mediatica”, scrive Pagano. “La soddisfazione per l’esito di questa sentenza, che rafforza la mia fiducia nella giustizia italiana, non cancella però l’amarezza e i danni d’immagine subiti da un processo che sicuramente ha rappresentato una perdita di tempo e denaro pubblico di gran lunga maggiore delle somme inizialmente contestate”.
Correva l’anno 2014 quando, alla fine di gennaio, la Procura di Pescara inviò 25 avvisi di garanzia. Quasi tutta la Giunta regionale indagata compreso l’allora presidente della Regione, Gianni Chiodi. La Procura della Repubblica di Pescara emise 25 informazioni di garanzia, con invito a comparire, nei confronti del presidente della Giunta regionale d’Abruzzo, Gianni Chiodi, di quello del Consiglio, Nazario Pagano e di altre 23 persone, tra assessori e consiglieri. I reati contestati furono: truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo, peculato e falso ideologico. Sotto la lente degli inquirenti ci sarebbero spese documentate per le quali è stato chiesto rimborso alle casse regionali. Le ipotesi di reato, truffa aggravata, peculato e falso ideologico per un periodo che va dal 2009 al 2012 e una cifra che si aggira intorno agli 80 mila euro.
Alcune settimane dopo il primo flop dell’inchiesta: 15 politici indagati escono di scena definitivamente. Il gip del Tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, accoglie la richiesta della procura di archiviare le posizioni degli ex assessori e consiglieri regionali. Eccoli: Lanfranco Venturoni, Carlo Costantini, Federica Carpineta, Giorgio De Matteis, Cesare D’Alessandro, Riccardo Chiavaroli, Franco Caramanico, Nicola Argiro’, Emilio Nasuti, Alessandra Petri, Antonio Prospero, Lorenzo Sospiri, Giuseppe Tagliente, Luciano Terra e Nicoletta Verì. In 15 escono di scena, cioè oltre la metà.
All’ex governatore Chiodi i pm Giuseppe Bellelli e Giampiero Di Florio contestano la somma totale di 24 mila euro.
Bellelli e Di Florio parlarono di presunte autocertificazioni false e un uso non appropriato della carta di credito della Regione non per fini istituzionali ma personali. Il periodo preso in esame fu quello dal gennaio 2009 al dicembre 2012. I politici furono invitati a comparire con accuse che andavano dalla truffa aggravata al peculato e falso ideologico. Gli inquirenti contestavano biglietti aerei in business class pagati ai parenti, hotel di lusso senza motivazioni o più camere pagate mentre si era soli in missioni, pranzi luculliani, persino una bottiglia di barolo da 95 euro. Ma, evidentemente, i due pm non c’avevano visto troppo bene visto che, appena un anno dopo dall’inizio dell’inchiesta, la stessa procura chiese 15 archiviazioni.
E ancora.
Nell’ottobre dello stesso anno il gup Gianluca Sarandrea, su richiesta del Pm Gennaro Varone, aveva dichiarato l’incompetenza territoriale del tribunale di Pescara a carico di alcuni imputati e trasmesso la competenza al tribunale di Roma. Da lì arrivarono altre assoluzioni, come quella delfebbraio del 2016 nei confronti dell’ex assessore regionale della Giunta Chiodi, Gianfranco Giuliante. Ma non era ancora finita. I giudici contestarono a Riccardo Chiavaroli una “truffa” di 20 (venti) euro alla Regione. “L’ho saputo, come mio diritto, da atti ufficiali della procura? No, l’hanno saputo i miei genitori dalle tv e dai giornali. Detto in latino: sistema giudiziario di m…a” raccontò Chiavaroli.
A Lorenzo Sospiri, invece, accadde qualcosa di simile. “Pubblico mio avviso di garanzia” scrisse su Facebook. “Nel 2010, 3 giorni al Vinitaly stand regione Abruzzo totale spesa 652: benzina Pescara – Verona circa 200 euro, autostrada circa 80 euro, mangiare circa 80 euro, dormire 110 euro circa, indennità circa 100 euro, totale 572 euro autorizzati. Differenza 82 euro, per non aver specificato che c’erano i collaboratori autorizzati, per 82 euro, mandi un avviso di garanzia? Chiedere prima no? Ops è iniziata la campagna elettorale”.
Nel 2018 arrivò l’assoluzione di Chiodi.
Il gup del Tribunale di Roma scriveva:
“La prospettazione dell’accusa è carente quanto alla prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, di un utilizzo per fini personali, e quindi illecito, dei fondi regionali nella disponibilità dei singoli componenti” e sottolinea che “per la maggior parte delle contestazioni le difese hanno offerto elementi idonei a una diversa ricostruzione dei fatti aventi una attitudine dimostrativa dell’irrilevanza penale delle condotte. In particolare, le difese hanno dedotto come le spese per alloggio, pranzi, cene, coperte con i fondi erogati dall’ente e poi rimborsati, rientravano tutte nel budget annuo di spesa, ed erano tutte autorizzate previamente, salvo che per quelle del presidente non necessitanti alcun previa autorizzazione, ed erano correlate all’esercizio del loro mandato istituzionale“.
“Gli imputati hanno sostenuto delle spese, pagando direttamente con carta in dotazione o anticipandole e chiedendo poi il rimborso, fra l’altro per un ammontare non rilevante, giustificando adeguatamente l’utilizzo o comunque producendo a supporto documenti attestanti spese inerenti le loro finalità istituzionali. La documentazione predisposta a giustificazione delle spese sostenute dagli imputati nel corso delle missioni in oggetto delle rispettive contestazioni risulta redatta in piena conformità alla normativa e alle delibere che disciplinano la materia”.
Oggi arriva l’assoluzione di Pagano
“Con la mia assoluzione si conferma la totale infondatezza di accuse infamanti che hanno ingiustamente coinvolto l’intera classe politica regionale della legislatura Chiodi/Pagano. Tutti archiviati o assolti con formula piena”.
Intanto i giudici…
Due giunte cadute per inchieste giudiziarie condotte sempre dagli stessi pm che, nel frattempo, hanno fatto carriera e diventati capo procuratori di Sulmona e Vasto. Di Florio e Bellelli, tra l’altro, erano gli stessi che anni fa andarono ad applaudire in prima fila sotto il palco Luciano D’Alfonso durante un evento politico. Nessuno se ne accorse all’epoca, solo Zone d’ombra tv.
Dopo l’inchiesta arrivarono le elezioni. A vincere fu Luciano D’Alfonso nella coalizione di centrosinistra.