Dunque, la procura di Pescara ha concluso oggi l’inchiesta sulla vicenda dell’Hotel Rigopiano, che il 18 gennaio del 2017 fu distrutto da una valanga di neve staccatasi per via di una scossa di terremoto e in cui morirono 29 persone. Leggi anche: Abruzzo: la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola – Hotel Rigopiano: 29 vittime. E la Regione non ha un Piano valanghe previsto per legge – Hotel Rigopiano di Farindola: il videoracconto. Di chi le responsabilità? – Pescara, viceministro Interni Bubbico ai giornalisti:”Datemi vostre mail e vi farò sapere cosa succede” – Abruzzo, piano neve: quando il presidente Provincia di Pescara diceva:”tutto pronto”. Con 90mila euro della Regione
Per i giudici sono 25 gli indagati e i reati ipotizzati sono disastro colposo, lesioni plurime colpose, omicidio plurimo colposo, falso ideologico, abuso edilizio, omissione d’atti d’ufficio, abuso in atti d’ufficio e vari reati ambientali. Tra gli indagati spiccano l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, il presidente della provincia di Pescara, Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e la società che gestiva l’hotel, la Gran Sasso Spa & Beauty.
Il procuratore Massimiliano Seri e il pm Andrea Papalia hanno indagato anche i direttori e i dirigenti del dipartimento di Protezione civile, cioè Carlo Visca (direttore del dipartimento dal 2009 al 2012), e Vincenzo Antenucci (dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013); il tecnico del Comune di Farindola, Enrico Colangeli; Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società ‘Gran Sasso Resort & spa’; Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara; Leonardo Bianco e Ida De Cesaris, rispettivamente ex capo di gabinetto e dirigente della prefettura del capoluogo adriatico; Pierluigi Caputi, direttore dei Lavori pubblici fino al 2014; Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile; gli ex sindaci di Farindola, Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il tecnico geologo, Luciano Sbaraglia; Marco Paolo Del Rosso, l’imprenditore che chiese l’autorizzazione a costruire l’albergo; Antonio Sorgi, direttore della Direzione parchi territorio ambiente della Regione Abruzzo; Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Emidio Rocco Primavera, direttore del Dipartimento opere pubbliche; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara; Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il piano di reperibilità provinciale; Sabatino Belmaggio, responsabile del rischio valanghe fino al 2016; la società Gran Sasso Resort & Spa.
Le accuse sono state notificate nelle prime ore di lunedì 26 novembre dai carabinieri forestali di Pescara, sotto il comando di Anna Maria Angelozzi, al termine di un’indagine accurata e capillare. Nessuna accusa, invece, per i vertici politici della Regione, ovvero per il presidente uscente ora senatore Pd, Luciano D’Alfonso, e il suo staff.
Accuse dure al prefetto e allo staff
“Omettevano – si legge nel documento notificato allo staff – di attivare quantomeno dalle ore 9 del 16 gennaio 2017 la sala operativa della prefettura comune alla provincia nonché il centro coordinamento soccorsi”. E il prefetto invitava gli operatori a scendere nella sala della protezione civile “non prima delle ore 13 del 18”. Il prefetto Provolo, con una nota, alla presidenza del Consiglio, forniva la “falsa rappresentazione di aver attivato sala operativa e centro coordinamento”. Ometteva, si legge ancora, di “individuare tempestivamente le deficienze operative”, come quella della turbina sgombera neve che sarebbe dovuta essere sostituita da un mezzo più potente. Si attivava “troppo tardi, solo alle 18,28, per chiedere aiuto all’Esercito”. La procura scrive ancora che “determinavano le condizioni per cui la strada per l’hotel Rigopiano fosse impercorribile per ingombro neve e di fatto rendendo impossibile si presenti di allontanarsi, tanto più in quanto allarmati dalle frequenti scosse del terremoto della mattinata”.
Le carte
In tutte le 40 pagine dell’avviso di chiusura indagini sono state ricostruite le fasi salienti di errori ed omissioni che portarono alla morte delle 29 persone rimaste intrappolate, dopo tre scosse di terremoto al mattino, seguite da uno sciame sismico nel primo pomeriggio e una valanga che si staccò dalla cresta del Gran Sasso, e travolse il resort di Farindola.
Le responsabilità della Regione
L’inchiesta approfondita dei carabinieri forestali, compiuta incrociando delibere e singoli comportamenti, a valle del disastro, ha fornito una mappa di omissioni che ognuno aveva il compito di fare e non ha fatto. Le “negligenze, imperizie, violazioni di legge e regolamenti” hanno concorso nell’uccidere. Se fosse stata emenata la carta di localizzazione del pericolo da valanga della regione Abruzzo si sarebbe individuato in Farindola un sito esposto al pericolo. Questa negligenza ha portato al fatto che la licenza edilizia è stata concessa, che i sindaci non la segnalassero al Co.Re.Ne.Va. Di questo vengono chiamati a rispondere i tecnici della regione Abruzzo, mentre la posizione del governatore D’Alfonso va verso l’archiviazione.
La storia di Gabriele D’Angelo
Il cameriere dell’Hotel Rigopiano travolto dalla valanga il 18 gennaio del 2017, inviò una richiesta di evacuazione della struttura al “Posto di coordinamento” di Penne, istituito dalla Prefettura di Pescara. La richiesta di aiuto arrivò intorno alle 10 del mattino, cioè circa sette ore prima che dalla montagna si staccasse la massa di neve uccidendo 29 persone, compreso Gabriele D’Angelo. Quel giorno a Farindola di fronte all’Hotel Rigopiano c’era in muro di oltre due metri di neve: inoltre sempre quel giorno si registrarono quattro forti scosse di terremoto nel giro di poche ore.
Su un brogliaccio in cui vennero appuntate le richieste di soccorso si legge il nome di Gabriele D’Angelo con la specifica “evacuazione Rigopiano”. Chi coordinava i soccorsi il 18 gennaio 2017 era l’ingegner Luca Verna dei vigili del fuoco, uomo indicato direttamente dall’allora prefetto di Pescara, Francesco Provolo. Verna aveva il compito di assicurare “ogni necessaria assistenza alle amministrazioni comunali e alla popolazione, in stretto raccordo con il Centro coordinamento soccorsi di Pescara attivato in mattinata in Prefettura”.
De Sanctis:”Siamo soddisfatti”
“Le questioni che abbiamo sollevato – spiega Augusto De Sanctis del Soa – , la mancanza della carta delle valanghe, la vulnerabilità della posizione dell’albergo, le criticità nel rilascio delle autorizzazioni in area Parco, i molteplici abusi edilizi, le relazioni geologiche non coerenti con il dettato normativo in relazione all’analisi geomorfologica le ho ritrovate nel documento della Procura. Come sempre abbiamo agito con il massimo rigore, in questo caso rivolgendo un’attenzione spasmodica ad ogni particolare, ricontrollandolo 20 volte. Un lavoro di squadra con geologi, avvocati, architetti. Anche se mi fa male ricordarlo, alcune voci provenienti da persone delle associazioni ambientaliste, ci avevano pesantemente criticato quasi che il silenzio sia giusto in questi casi. Altri addirittura ci hanno attaccato, quando stavamo divulgando carte ufficiali, ad esempio quelle che dimostravano che l’albergo era costruito su conoidi attive.”