La domanda è sempre la stessa: chi paga? Da semplice e umile cittadino vorrei saperlo. Anzi: voglio saperlo. Per essere ancora più chiaro: pretendo di sapere se dopo anni di arresti, privazioni di libertà personali, fango e violenze ‘massmediatiche’ inaudite di stampa e opinione pubblica ai danni di politici e imprenditori (che, pare strano ma anche loro sono persone) c’è qualcuno che paghi di tasca propria il fiume di denaro sprecato per un’inchiesta che ha portato al nulla cosmico. Antonio Del Furbo
Dunque, a distanza di sette anni dall’inizio dell’inchiesta il popolo italiano viene a sapere che politici e imprenditori arrestati come i peggiori criminali, in quell’inchiesta non c’entravano nulla. O meglio che quei fatti non sono mai sussistiti.
Eppure, sarò forse l’unico a tenerlo a mente, ricordo bene quella mattina del lontano settembre 2010 quando furono arrestati l’allora assessore regionale alla sanità, Lanfranco Venturoni e l’imprenditore Rodolfo Di Zio con accuse pesantissime: corruzione, peculato ed abuso d’ufficio. Furono mobilitati una decina di uomini che per 700 giorni hanno sbobinato 50.000 conversazioni telefoniche avvenute tra i Di Zio, Venturoni e il senatore Fabrizio Di Stefano.
Nicola Trifuoggi, attuale vicesindaco dell’Aquila, ex capo della Procura pescarese che arrestò Ottaviano Del Turco, parlò in conferenza stampa di un’inchiesta eclatante più di quella di Sanitopoli.
Al centro dell’inchiesta la realizzazione, a Teramo, di un impianto di bioessicazione dei rifiuti in cui, secondo i pm, Venturoni, in qualità di presidente del cda della Team, avrebbe ‘spinto’ i Di Zio per la conclusione dell’affare. Si parlò di totale asservimento della politica al privato e inviati avvisi di garanzia ad altri 10 indagati tra cui il senatore Pdl, Fabrizio Di Stefano. “Sono stato raggiunto da un avviso di garanzia le cui motivazioni vengo a conoscere dagli organi di stampa” disse Di Stefano appena saputo del suo coinvolgimento nell’inchiesta. “Se siano queste o altre poco mi importa, perché in questa e in qualunque altra vicenda sono assolutamente tranquillo e sereno, non avendo mai in alcun modo compiuto atti che violino le leggi”. E ancora:”Chi mi conosce sa della mia dignità e moralità, continuerò pertanto ad andare avanti fiero e a testa alta”. Quindi una promessa:“Chiederò di vedere le carte nei tempi più stretti possibili e risponderò punto per punto a ogni eventuale addebito per chiarire l’intera vicenda”.
E, infatti, Di Stefano è stato assolto.
L’accusa parlò di fondi che il gruppo privato avrebbe elargito ai politici. In realtà Di Zio chiarì con un secco:”Io sono apolitico, ho rapporti con tutti”. E gli stessi magistrati inquirenti dissero che quei soldi furono frutto di contributi elettorali “regolarmente registrati”.
Ma il danno d’immagine era stato fatto e l’Abruzzo stava scontando una pubblicità negativa. Tanto per farsi del male, sulla scena intervenne addirittura arcivescovo cattolico e teologo italiano metropolita di Chieti-Vasto, Monsignor Bruno Forte che, durante un’omelia, tuonò:“Siamo disgustati da questa politica, sta dando uno spettacolo vergognoso”. A stretto giro arrivò il commento del presidente Gianni Chiodi:“Sono stupìto del commento dell’arcivescovo”. Anche perché lo stesso Chiodi qualche giorno dopo l’arresto di Venturoni si disse sicuro della sua innocenza. “La Vicenda giudiziaria si concluderà senza condanne” aggiunse l’ex governatore.
E in effetti, Lanfranco Venturoni è stato assolto.
E tutto il dolore dell’ex assessore alla sanità lo comunicò lui stesso durante il consiglio comunale del dicembre 2010, quando rientrò per la prima volta sulla scena dopo i tragici fatti che lo coinvolsero.
“Quello che è successo a me palesa, con l’evidenza dei fatti e dei metodi, come sia ormai divenuto automatico l’associare l’apertura di una inchiesta alla colpevolezza del politico coinvolto. Non è giusto. Così come non è giusto trasformare ogni rapporto tra la politica e l’imprenditoria in una sorgente di malaffare e di affarismo illecito o truffaldino, dimenticando il ruolo strategico e vitale che l’imprenditoria ha per il nostro Paese e, di pari passo, fraintendendo l’attività di chi, rivestito di una delega popolare, cerca di favorire lo sviluppo di quella imprenditoria. il politico non incontra l’imprenditore per consentirgli affari illeciti e lucrare tangenti o posti di lavoro che possano generare voti, al contrario il politico incontra l’imprenditore perché è da quella forza propulsiva di chi impegna risorse e capitali che nascono quelle spinte alla crescita che il politico, con la sua attività, deve raccogliere, organizzare e rendere il più possibile collettive per il benessere dei cittadini e del Paese. Non è questa la sede della mia difesa e anche perché sono convinto di non dovermi difendere da nessuna accusa visto che ho sempre ispirato la mia vita di uomo e di politico, a quelle fondamenta di onestà che mi vengono dalla mia famiglia, dalla mia formazione, dall’assoluto rispetto della legalità. la stessa inchiesta che mi ha visto intercettato già in campagna elettorale e poi intercettato e addirittura filmato costantemente nel mio stesso studio di assessore, nessuna eccezione ha potuto sollevare sul mio agire in quel mare magnum della sanità regionale nel quale, e di questo mi vanto, ho cercato di navigare tenendo sempre ferma la barra dell’interesse pubblico. Ovviamente, di essere diventato l’attore protagonista di una infinita serie di candid camera giudiziarie non potevo saperlo visto che fino al giorno dell’arresto non mi è mai stato notificato nessun avviso di garanzia”.
Ieri, dopo anni, è arrivata l’assoluzione per Lanfranco Venturoni, Rodolfo Di Zio e il deputato di Forza Italia, Fabrizio Di Stefano. E, come se non bastasse, assolti “per non aver commesso il fatto” anche Ferdinando Ettore Di Zio e, con lui, l’ex amministratore delegato della società Team Teramo Ambiente Vittorio Cardarella.
Dunque, chi paga?