Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza di Sassari che l’anno scorso ha concesso gli arresti domiciliari alla “mente economica” dei Casalesi Pasquale Zagaria detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Bancali, è stato trasferito d’urgenza dal Csm al tribunale di Nuoro per “incompatibilità ambientale“.
La decisione è stata presa alla luce dei contenuti di un’intercettazione – captata attraverso un trojan – in cui l’ex presidente di Magistratura Democratica parlava al telefono con un’avvocata che risulta indagata. Si ipotizza – ma non ci sono conferme – che la chiamata riguardasse richieste di differimento pena o altri benefici per detenuti in regime di carcere duro. Secondo Il Riformista è stato lo stesso magistrato a chiedere il trasferimento, dopo essere stato convocato dal Csm.
La scarcerazione di Zagaria
De Vito lo scorso anno ha consentito la scarcerazione a Zagaria. La motivazione fu che era bisognoso di cure. E che a causa del Covid non gli potevano essere somministrate in carcere a causa dell’emergenza in corso. La sua patologia lo esponeva maggiormente al rischio contagio. Terzo motivo: secondo il magistrato il Dap non aveva mai risposto alle sue richieste in merito alla possibilità di far sottoporre il fratello di uno dei capi clan di Casal di Principe alle terapie richieste in altre strutture carcerarie. Il Dap aveva smentito.
Lo scorso novembre la Consulta, interpellata dallo stesso De Vito sulla legittimità costituzionale del decreto Bonafede che puntava a far tornare in carcere i 376 mafiosi scarcerati durante l’emergenza sanitaria, ha dichiarato infondate le impugnazioni. La Corte ha ritenuto che la norma – che imponeva ai giudici di Sorveglianza di rivalutare in 15 giorni se sussistessero ancora i motivi legati alla pandemia in base ai quali si erano espressi per i domiciliari – non sia in contrasto con il diritto di difesa del condannato né con l’esigenza di tutela della sua salute né, infine, con il principio di separazione tra potere giudiziario e potere legislativo.
L’associazione radicale Nessuno tocchi Caino “conosce de Vito e gli manifesta piena fiducia e stima”.
“Ha partecipato al nostro ultimo Congresso nel carcere di Opera a Milano e lo abbiamo invitato anche al prossimo del 17 e 18 dicembre – aggiungono dall’associazione. È un magistrato che rivendica autonomia e indipendenza della magistratura dal potere politico ma non accetta che la giurisdizione si spinga oltre i suoi confini, sconfinando in ambiti non propri. In uno splendido intervento ha spiegato come ‘solo un magistrato di sorveglianza vicino ai detenuti può essere in grado di agire come vero mediatore tra il potere che punisce e l’essere umano che cerca di rieducarsi’. Insomma un magistrato che se chiamato a decidere la scarcerazione di un boss per motivi di salute non ha dubbi: al cupo e maldicente mormorio delle Erinni preferisce l’ascolto della sua coscienza specchio della legge fondamentale che considera sacro il diritto alla salute di ogni individuo”.
De Vito “punito”
Quello che viene da pensare, anche se non lo si può dimostrare, è che il dottor De Vito sia stato in qualche modo punito per il modo in cui ha gestito il caso di Pasquale Zagaria.
Ma Riccardo De Vito è anche colui che, al Riformista ha detto: “Non vi è dubbio che il paradigma culturale del buttare la chiave costituisca la questione da affrontare. […] Sarebbe importante raccontare come mettere da parte gli strumenti dell’umanità della pena sia il più grande regalo che si possa fare, in termini di consenso, ai sodalizi criminosi. Ad agire così, poi gli si consegna il carcere in mano. Per questo, devo dire, mi ha fatto una certa impressione sentire autorevoli commentatori dire che ‘la legge è la legge, ma i mafiosi sono mafiosi’. Lo Stato di Diritto ha una sola parola e una sola legge per tutti, altrimenti si degrada, diventa meno credibile e più aggredibile”. A qualcuno non sono piaciute queste parole?