Sta prendendo forma la pesante rimodulazione del Reddito di cittadinanza che cambierà nome, a partire da settembre. Si chiamerà Mia (Misura di inclusione attiva) e garantirà un assegno mensile di massimo 375 euro per gli occupabili e di 500 euro per i non occupabili.
Reddito di cittadinanza. La somma del Mia potrà lievitare ulteriormente per i non occupabili con un contributo per l’affitto. I testi approntati dal ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone sono passati – secondo il Corriere della Sera – al ministero dell’Economia che ne dovrà valutare la fattibilità economica. Un aspetto che non esclude un giro di vite ancora più stringente sulla misura bandiera dei Cinque Stelle. Il decreto legge è composto da 12 articoli e potrebbe approdare in Consiglio dei ministri nel giro di due-tre settimane.
Mia in funzione da settembre
La Mia dovrebbe entrare in funzione da settembre, dopo i sette mesi di proroga del Reddito di cittadinanza. Questo lo schema base: le famiglie in difficoltà “non occupabili” – ovvero con minorenni, over 60 o disabili – e quelle con “occupabili”, ovvero con un componente che abbia tra i 18 e i 60 anni d’età, che si stima siano circa 400mila.
Nel caso di “occupabili”, la Misura di inclusione attiva durerà di meno e avrà un importo più basso: l’assegno base sarà ridotto a 375 euro e verrà erogato al massimo per un anno. Inoltre la domanda potrà essere presentata dopo sei mesi di pausa e per un’eventuale terza domanda dovranno passare ben 18 mesi. Una stretta molto forte, quindi. Per i “non occupabili”, invece, l’importo resterà di 500 euro, come adesso, ed è possibile che venga inserito un contributo extra se il beneficiario deve pagare l’affitto, che ora prevede fino 280 euro al mese. Per i nuclei più svantaggiati la durata resterà di 18 mesi e alla scadenza del periodo, dopo un mese di stop, potranno richiedere il reddito ma la durata calerà a un anno.
Tetto massimo
Una novità importante è legata al tetto massimo dell’Isee per poter fare domanda che dovrebbe essere tagliato, scendendo da 9.360 a 7.200 euro, con l’effetto di tagliare la platea di beneficiari di circa un terzo. Rispetto al Reddito è prevista anche una correzione della “scala di equivalenza”, che modulerà l’importo in maniera diversa andando a privilegiare i nuclei familiari più numerosi.
Il nuovo sistema dovrebbe essere pensato per spingere le persone quanto più possibile a cercarsi un lavoro estendendo la possibilità di mantenere l’assegno a fronte di retribuzioni fino a 3mila euro l’anno a tutti i tipi di lavoro dipendente. Resta nebulosa la formulazione dell’offerta ritenuta “congrua” che non potrà essere rifiutata, pena la decadenza del nuovo Reddito. Verrà definita “congrua” se in linea con la profilazione della persona occupabile e se la sede di lavoro sarà nella provincia di residenza o nelle province confinanti, nonché se il contratto dura più di 30 giorni.
Obbligo partecipazione attiva
All’obbligo di partecipazione attiva, formazione e lavoro nel nuovo sussidio contro la povertà saranno tenuti anche i minorenni con almeno 16 anni. Nella bozza si legge che sono tenuti a questo obbligo “tutti i componenti il nucleo familiare maggiorenni ovvero minorenni che abbiano adempiuto agli obblighi scolastici”. Sono esclusi invece i beneficiari over 60, nonché i componenti con disabilità. Possono essere esonerati dall’obbligo i componenti con carichi di cura, cioè chi ha figli minori di 3 anni di età o disabili in condizioni di gravità.
Tridico: “Rdc fondamentale per contrasto povertà”
Tra le prime reazioni c’è stata quella di Pasquale Tridico, presidente dell’Inps: “Per i cosiddetti non occupabili cambia poco, il reddito di cittadinanza si conferma essere fondamentale come contrasto alla povertà. C’era da fare un lavoro sulle politiche attive, su tutto ciò che c’è attorno alla misura e questo mi sembra che vada nella giusta direzione”. Il numero uno dell’Istituto nazionale di previdenza sociale sottolinea a 24 Mattino su Radio 24: “Noi abbiamo tanti inattivi e abbiamo progetti di inclusione che spesso non vengono svolti da Comuni e centri per l’impiego, qui mi sembra che ci sia una spinta molto forte in questa direzione”.
Il reddito minimo, rileva Tridico, “è una misura prevista dall’Unione Europea, tutti coloro che stanno al di sotto di una certa soglia devono avere un reddito. L’Italia dovrà fare i conti con le direttive della Commissione Europea sul reddito minimo, consentire a coloro che pur non trovando il lavoro perdono il reddito. Mi sembra effettivamente una grande criticità”.
Cgil preoccupata
Un “giudizio non positivo” arriva anche dalla Cgil che esprime “preoccupazione e perplessità” spiegando di non condividerne “il metodo e il merito”, spiega la segretaria confederale Daniela Barbaresi . “Non siamo stati chiamati su una partita importante che richiederebbe un confronto approfondito. Siamo in una situazione delicata con l’inflazione che avanza e colpisce soprattutto le famiglie in una situazione di povertà, il tema è prioritario”.