Il Recovery Fund è al centro del dibattito perché strumento essenziale per il rilancio dell’economia. Un impegno che tradotto in numeri – Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2021-2027 dell’UE – è pari a 1.074 miliardi di Euro. Insieme alla NextGenerationEU, con dotazione di 750 miliardi di Euro, si arriva a un totale di circa 1.820 miliardi di Euro.
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Per accedere ai fondi di NextGenerationEU, ciascuno Stato membro dovrà presentare alla Commissione Europea un cosiddetto “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” entro il 30 aprile 2021. E non c’è solo il Recovery Fund. La bozza del piano italiano, presentato dal Governo Conte II, verrà rivisitato dal governo Draghi. I soldi arriveranno dallo strumento europeo Next generation EU, composto dal Recovery and Resilience Facility (RRF), da REACT-EU, e da altri fondi minori, per un totale di circa 209 miliardi di Euro. Secondo il documento ufficiale del Governo, questo strumento (RRF e REACT-EU) consisterebbe in una parte di prestiti e in una parte di garanzie a fondo perduto.
Le cose non stanno proprio così.
Il fatto è che non esiste alcun contributo a fondo perduto per l’Italia. Infatti i cosiddetti “contributi a fondo perduto” dovranno essere restituiti. In più, tali fondi comportano strette e rigorose condizionalità, che dovranno essere messe in pratica dai Paesi membri, pena la sospensione dei pagamenti da parte della UE. L’alternativa c’è, e si chiama BCE: il programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) inonderà i mercati di liquidità. Dunque, l’Italia, per non mettersi il cappio al collo, potrebbe accedere a tali fondi. La cosa strana è che per tutto il 2020 il Ministero dell’Economia e Finanze ha rifiutato soldi dalle più grandi banche nonostante ce li tirassero dietro.
Le imprese da salvare secondo il Gruppo dei 30
Nel suo insediamento, Mario Draghi, di fronte al Parlamento italiano, ha detto che “Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori. Ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente”.
A decidere non sarà la politica o una economia liberale ma bensì il Gruppo dei 30, la più importante lobby di banchieri e finanzieri al mondo, di cui Draghi è Senior Member. Un documento rilasciato a dicembre 2020 dal Gruppo, e dal titolo “Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid, Designing Public Policy Interventions”, si illustrano le linee guida che i governi di tutto il mondo dovrebbero adottare nel post pandemia. Le direttive sono molto semplici: attuare una vera e propria “eutanasia economica” nei confronti delle micro, piccole e medie imprese, ed offrire un supporto sostanzioso solo al settore “Corporate”, quello delle multinazionali, delle big tech, delle grandi imprese transfrontaliere.
Elementi che riflettono impeccabilmente la gestione economica del programma presentato da Draghi durante il suo discorso di insediamento al Parlamento, il quale ha riguardato anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le linee guida del Recovery Fund, PNRR, dal G30 e da Draghi, sono perfettamente in linea con il piano di Great Reset ideato dal World Economic Forum di Davos, e più in particolare dal suo fondatore, Klaus Schwab.
Come funziona il Recovery Fund
Il Recovery Fund è composto dal QFP, ovvero il Bilancio a lungo termine dell’UE, e dallo strumento NextGenerationEU, composto a sua volta dal Recovery and Resilience Facility, da REACT-EU, e da altri fondi minori. Per l’ottenimento delle risorse la Commissione Europea si finanzierà tramite l’emissione di Bond comuni sui mercati. Il QFP è stato fissato per il settennato 2021-2027 a 1.074 miliardi, ed esso sarà finanziato dagli Stati membri dell’UE. NextGenerationEU vale 750 miliardi. All’Italia spetterebbero, in totale, 209,5 miliardi.
“Da tutta questa operazione, io penso che noi ad occhio perderemo più di 10 miliardi, forse 12”, dice Valerio Malvezzi, economista ed accademico italiano. Perché otterremo un saldo negativo di 12 miliardi.
Il PNRR ci dice che, dal Recovery and Resilience Facility e dal REACT-Eu, arriveranno in totale 209,5 miliardi:
- 81,9 miliardi in “sovvenzioni a fondo perduto”;
- 127,6 miliardi in prestiti;
I prestiti andranno rimborsati interamente. Le conclusioni della Riunione Straordinaria del Consiglio europeo dal 17 al 21 luglio 2020 dicono che “Il calendario dei rimborsi è fissato, secondo il principio della sana gestione finanziaria, in modo da ridurre costantemente e prevedibilmente le passività fino al 31 dicembre 2058”. Prestiti, dunque, che verranno rimborsati nel corso dei prossimi 37 anni.
Teniamo presente, nel nostro ragionamento, che il Bilancio dell’Unione Europea è lo strumento attraverso il quale l’UE persegue le finalità stabilite dai Trattati, come la crescita economica, la coesione sociale e territoriale, la politica agricola, la sostenibilità ambientale. Per fare questo, l’UE ha bisogno di risorse finanziarie, che vengono fornite dagli Stati membri, i quali a loro volta ricevono denaro per perseguire gli obiettivi citati.
La differenza tra le entrate e le uscite verso un determinato Stato ci fa capire se questo è creditore o debitore netto nei confronti della UE. L’Italia è un creditore netto perché, ad esempio, nel 2019 “sono stati accreditati all’Italia contributi per 10.480,1 milioni di euro”, mentre “Il totale dei versamenti effettivi al bilancio UE effettuati dal Ministero dell’economia nel 2019 è pari a circa 17.268 milioni di euro”, come ci dice il Rendiconto 2019 presente sul sito della Camera dei Deputati. In sostanza, l’Italia ha perso, nel 2019, circa 6,8 miliardi di Euro. Gli Stati membri contribuiscono al bilancio comunitario in misura proporzionale alla rispettiva prosperità economica.
“Sovvenzioni a fondo perduto”.
La “DECISIONE (UE, EURATOM) 2020/2053 DEL CONSIGLIO del 14 dicembre 2020 relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom”, all’Art.5, paragrafo 2, recita: “Per i prestiti contratti per essere destinati alle spese di cui al paragrafo 1, primo comma, lettera b), del presente articolo (390 miliardi, destinati alle spese), il rimborso del capitale ed il pagamento dei relativi interessi sono a carico del bilancio dell’Unione”. Ciò vuol dire che saranno gli Stati stessi a dover rimborsare i “contributi a fondo perduto”. Una partita di giro insomma. L’Italia pagherà circa 51 miliardi per portarne a casa all’incirca 81.
A conti fatti, dal QFP 2021-2027, l’Italia perderà 42 miliardi di Euro dal punto di vista finanziario.
E per finire “la valutazione positiva delle richieste di pagamento sarà subordinata al soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali”, come scritto nel documento relativo alle conclusioni della Riunione Straordinaria del Consiglio europeo dal 17 al 21 luglio 2020, al punto A19. In sostanza, se non “faremo le riforme” e non “aumenteremo la competitività” i soldi non arriveranno.
I soldi che arriveranno dall’Unione Europea non potranno essere spesi secondo le volontà e le necessità democratiche, popolari e parlamentari. L’Unione Europea ci fa sapere che tali risorse potranno essere spese esclusivamente per “sei pilastri fondamentali:
1) transizione verde;
2) trasformazione digitale;
3) crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, compresi coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione e un mercato unico ben funzionante con PMI forti;
4) coesione sociale e territoriale;
5) salute eresilienza economica, sociale e istituzionale, anche al fine di aumentare la capacità di reazione e lapreparazione alle crisi;
6) politiche per la prossima generazione, infanzia e gioventù, incluse istruzione e competenze”, come recita il documento relativo al PNRR. La Commissione Europea ha affidato al più grandi fondi di investimento al mondo, BlackRock, la consulenza per la regolamentazione ambientale in materia bancaria. Il fondo ha un patrimonio in gestione di circa 8.000 miliardi di dollari.