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Rai conquistata dal governo Meloni: preso anche il Cda

Rai conquistata dal governo Meloni: preso anche il Cda

Con il rinnovo del Cda previsto dopo le elezioni europee, la Rai si avvia verso un assetto dominato dalla sola maggioranza politica.

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Con il rinnovo del Consiglio di amministrazione previsto dopo le elezioni europee, la Rai si avvia verso un assetto dominato da una sola fazione politica.

Rai conquistata dal governo Meloni: preso anche il Cda. TeleMeloni, come è stata ribattezzata la televisione pubblica in un video autoprodotto, sta per diventare un monopolio che si preannuncia senza precedenti.

Ogni figura indipendente verrà rimossa e l’opposizione sarà rappresentata solo dal Movimento 5 Stelle (M5S), che ormai da tempo collabora con i “fratelli” di destra. La maggioranza di destra otterrà una presenza predominante nell’organismo di gestione della Rai, una situazione mai vista prima.

Indipendentemente dai risultati delle elezioni, che potrebbero aumentare la tensione tra Lega e Forza Italia sulla presidenza — su cui pesa anche un sospetto conflitto di interessi — la situazione è ormai definita.

La sponda leghista

La posizione di amministratore delegato sarà occupata da Giampaolo Rossi, figura molto vicina a Giorgia Meloni. Rossi l’anno scorso mancò la successione a Carlo Fuortes per garantirsi un mandato pieno di tre anni. Per il ruolo di direttore generale, si prospetta una competizione inaspettata. Inizialmente, il “patto della staffetta” elaborato a Palazzo Chigi prevedeva uno scambio di ruoli tra l’attuale amministratore delegato Roberto Sergio e Rossi. Tuttavia, i rapporti tra i due si sono deteriorati: Sergio ha cercato il sostegno di Matteo Salvini per mantenere la sua posizione, causando l’ira di Rossi.

A spuntarla potrebbe essere Gian Marco Chiocci, direttore del Tg1 e amico personale della premier. Meloni non ha apprezzato alcuni errori commessi da Rossi, tra cui il calo degli ascolti e la censura di Scurati, e potrebbe preferire Chiocci per la posizione di direttore generale. Tuttavia, Rossi sembra intenzionato a resistere, peggiorando ulteriormente i rapporti tra i due.

La presidenza

Per quanto riguarda la presidenza, il nome più probabile è quello di Simona Agnes, legata a Forza Italia. Su di lei, però, pesano due incognite. La prima riguarda la Lega: se il partito di Salvini dovesse confermarsi come seconda forza della coalizione alle Europee, potrebbe rivendicare la presidenza. La seconda è un possibile conflitto di interessi: nel 2021, dopo l’ingresso di Agnes nel Cda, è riapparso sui canali Rai il programma di medicina “Check-up”, ideato e prodotto dal padre Biagio. Se venisse dimostrato che la famiglia Agnes incassa i diritti del programma, questo potrebbe ostacolare la sua candidatura.

Le nomine parlamentari

Tra il 17 e il 21 giugno, le Camere si riuniranno per eleggere i quattro consiglieri di nomina parlamentare. Oltre all’amministratore delegato, Fratelli d’Italia (FdI) destinerà al board Valeria Falcone, ora in Enel e in passato portavoce di Meloni quando era ministra della Gioventù. La Lega dovrebbe indicare Alessandro Casarin, direttore della TgR, che è tornato in auge dopo che la candidatura di Antonio Marano è stata compromessa dall’inchiesta sulla Fondazione Milano-Cortina.

Per quanto riguarda i due consiglieri in quota opposizione, uno — quello del M5S — è certo: l’uscente Alessandro Di Majo, che si è distinto per il suo supporto ai vertici sovranisti. La sua conferma è fondamentale, poiché i voti del M5S sono necessari per ottenere in Vigilanza la maggioranza dei due terzi necessaria a ratificare la nomina del presidente.

Il dilemma del PD

L’ultimo posto, che dovrebbe spettare al Partito Democratico (PD), è ancora incerto. La segretaria Elly Schlein potrebbe optare per un’astensione, mantenendo così le mani libere per denunciare una Rai dominata da TeleMeloni come illiberale. Intanto, il rappresentante dei dipendenti sarà Alessandro Di Pietro, sostenuto dal sindacato di destra UniRai.

Conclusione

Il risultato di queste nomine sarà che, su sette consiglieri, cinque saranno di area governativa e uno di minoranza, ma comunque allineato. Questo configurerebbe una situazione di dominio quasi totale da parte della maggioranza di destra.

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