Per favore, dateci una persona che parli chiaramente al Paese. Dateci, per favore, un premier in grado di assumersi le responsabilità e che conduca l’Italia verso un obiettivo condiviso.
Il coronavirus, come la storia ci sta insegnando, è qualcosa di molto più grave di quello che la politica ci racconta. È una vera e propria emergenza supportata da numeri e analisi. Peccato che, spesso, a fornire dati reali ci pensano organi indipendenti.
Seppur inizialmente gli organi istituzionali hanno rallentato la diffusione dei dati, oggi, proprio la Protezione civile, nel suo ultimo bollettino, scrive che i contagiati sono 2.263 persone per un totale di 2.502 casi totali. I decessi, invece, sono 79.
Dunque, la situazione reale conferma la drammaticità della vicenda.
“Ha senso continuare con questa autonomia delle Regioni?” chiede Matteo Renzi. E, infatti, un esecutivo dovrebbe porsi questa domanda e dare una risposta nel più breve tempo possibile. Sia chiaro, non si tratta di fornire rassicurazioni o richiami alla razionalità a prescindere. Si tratta, ovviamente, di dare un’interpretazione politica dell’intero caso coronavirus. E, al momento, l’esecutivo non è stato in grado di darla.
Come fa un virus a bassa letalità a mandare in tilt il sistema?
Le Borse vanno a picco, le scuole e le università vengono sbarrate fino a metà marzo, i voli cancellati e gli eventi sportivi rinviati. L’Italia, è bene ricordarlo, oltre a essere il terzo Paese per contagiati dopo Cina e Corea del Sud, è anche il Paese in cui in 10 anni sono stati cancellati 70 mila posti letto e in cui mancano 8 mila medici e 35 mila infermieri.
A gennaio scorso il ministro della Salute, Roberto Speranza, spiegava che “L’emergenza coronavirus, pur essendo classificata come di pericolosità di tipo B, come nel caso della Sars, viene gestita come virus di tipo A, equivalente a colera e peste“. Sull’origine del virus probabilmente già si sapeva molto ma, evidentemente, la politica ha atteso “tempi migliori” per esplicitare con forza il pericolo del coronavirus. “Stiamo facendo il conto alla rovescia. Monitoriamo minuto per minuto i nuovi contagi nella zona rossa e nelle aree confinanti: ci aspettano altri due giorni con il fiato sospeso per capire se qui la grande ondata dell’epidemia è passata e quando arriverà nel resto della Lombardia.” Così Stefano Paglia, 49 anni, primario dei pronto soccorso di Codogno e di Lodi.
Oggi l’Italia è con il fiato sospeso, aggrappata a una speranza. C’è qualcuno in grado di dire come stanno veramente le cose in diretta e a reti unificate?
di Antonio Del Furbo