Processo Ilva dei Riva annullato: si riparte da zero. con rischio prescrizione
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Il processo Ambiente Svenduto, che coinvolgeva 37 imputati e tre società per l’inquinamento causato dalla gestione dell’Ilva di Taranto da parte della famiglia Riva, è stato annullato dalla Corte d’assise d’appello di Lecce.

Processo Ilva dei Riva annullato: si riparte da zero. con rischio prescrizione. La decisione, presieduta dal giudice Antonio Del Coco, azzera la sentenza di primo grado, facendo ripartire il procedimento da zero davanti ai giudici di Potenza. Tra le ragioni dell’annullamento c’è il coinvolgimento di alcuni giudici di pace di Taranto che si erano costituiti parte civile, rendendo la loro partecipazione potenzialmente incompatibile. Questo annullamento riporta il processo allo stadio iniziale, mettendo a rischio di prescrizione molti dei reati contestati.

L’incompatibilità sollevata dalla difesa

L’incompatibilità dei giudici è stata sollevata durante le prime udienze del processo d’appello dai difensori Giandomenico Caiazza, Pasquale Annichiarico e Luca Perrone. Gli avvocati hanno evidenziato come alcuni magistrati risiedessero negli stessi quartieri delle persone costituite parti civili. La mancanza di neutralità ha portato alla decisione di spostare il processo a Potenza, con il verdetto definitivo atteso tra due settimane, al deposito delle motivazioni.

La sentenza di primo grado, emessa il 31 maggio 2021 dalla Corte d’Assise di Taranto, aveva condannato 26 dirigenti. Ma anche manager e politici per circa 270 anni di carcere. Le condanne includevano pene severe, tra cui 22 anni per Fabio Riva, 20 anni per suo fratello Nicola e 21 anni e 6 mesi per Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva, considerato la ‘longa manus’ dei Riva. Anche l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, era stato condannato a 3 anni e 6 mesi per concussione aggravata, mentre altri funzionari pubblici e responsabili dell’acciaieria avevano ricevuto pene variabili.

L’avvio del processo

Il processo aveva avuto origine dal sequestro degli impianti dell’Ilva il 26 luglio 2012, sulla base di riprese effettuate dai carabinieri. I militari hanno documentato emissioni inquinanti dai parchi minerari dell’acciaieria, allora scoperti, che minacciavano la salute pubblica del quartiere Tamburi. Nonostante gli sforzi per accertare le responsabilità, il processo ha affrontato numerosi ostacoli, incluso un precedente rinvio alla fase preliminare, e ora deve affrontare una nuova ripartenza.

Le motivazioni della Corte d’Assise

Secondo le motivazioni della Corte d’Assise di Taranto, la gestione dell’Ilva da parte della famiglia Riva aveva trasformato Taranto in una sorta di “girone dantesco”, dove la popolazione subiva i danni di un “razzismo ambientale”, con impianti industriali installati senza adeguate misure di tutela della salute. Il tribunale aveva sottolineato il potere esercitato dall’Ilva sulle istituzioni locali, che rendeva difficile l’accertamento dei crimini ambientali.

Spostamento del processo

Critici per lo spostamento del processo i rappresentanti della comunità tarantina, tra cui Alessandro Marescotti e Fulvia Gravame di Peacelink, che hanno denunciato un grave impatto per la comunità. Con ritardi nella giustizia e il rischio di impunità per i responsabili. Il deputato Angelo Bonelli ha parlato di una nuova ferita inflitta alla città di Taranto, già colpita da un disastro sanitario. Gian Luca Vitale, avvocato di Slai Cobas e Medicina Democratica, ha avvertito che il trasferimento potrebbe stabilire un pericoloso precedente. E consentire agli inquinatori di evitare processi invocando l’incompatibilità dei giudici.

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