Calati juncu ca passa la china. Mai proverbio siciliano fu più calzante per descrivere lo scontro tra poteri che sta infiammando l’Italia.
Politica e magistratura: quando gli interessi di entrambi ammazzano la democrazia. Un conflitto che non nasce oggi, ma che ha raggiunto l’apice con il caso Lo Voi e la decisione di notificare le comunicazioni giudiziarie a Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio.
LA GUERRA TRA POTERI E LA DEMOCRAZIA IN PERICOLO
Questa guerra tra politica e magistratura è andata avanti per decenni, corrosa da giochi di potere, vendette trasversali e strumentalizzazioni. Non c’è più un limite tra ciò che è doveroso e ciò che è un attacco strategico. La democrazia, in tutto questo, ne esce a pezzi. Il cittadino assiste a un teatrino dove la giustizia sembra sempre meno al servizio del Paese e sempre più campo di battaglia per giochi di forza tra toghe e governo.
Lo Voi, magistrato di Magistratura Indipendente, corrente conservatrice dell’Anm, viene dipinto dal governo come un uomo di parte, un toga che attacca politicamente l’esecutivo per fermare la riforma della separazione delle carriere. Un’accusa che stona con la realtà: Lo Voi ha avuto in passato la fiducia bipartisan ed è stato nominato procuratore di Roma nel 2021 con il sostegno anche del centrodestra.
Il governo ha messo in moto un forsennato spin mediatico per delegittimarlo, proprio come accadde nel caso Salvini. La differenza? Allora c’erano dieci magistrati a pronunciarsi, oggi Lo Voi è solo. L’attacco è mirato. E non è un caso che il Palazzo stia facendo trapelare dettagli sui voli di Stato usati dal procuratore per tornare a Palermo. Un messaggio chiaro: sei sotto osservazione, attento a come ti muovi.
LA MAGISTRATURA AI MINIMI TERMINI
Ma se la politica usa i suoi strumenti per difendersi, la magistratura non ne esce certo meglio. Il problema più grande non è Lo Voi, ma un sistema giudiziario che ha perso credibilità. Processi infiniti, giustizia selettiva, correnti che si spartiscono le procure, giochi di potere che nulla hanno a che vedere con il diritto. La guerra tra politica e magistratura non sta distruggendo solo il rapporto tra i due poteri, ma sta minando la fiducia dei cittadini nella giustizia stessa.
E se il procuratore Lo Voi è finito sotto il fuoco incrociato del governo, certo ci ha messo del suo. La sua scelta di notificare le comunicazioni giudiziarie in solitudine, senza condividerle con i suoi aggiunti, è stata una mossa ingenua o, peggio, avventata. Un magistrato esperto come lui doveva sapere che quel gesto sarebbe stato strumentalizzato. Non perché illegittimo, ma perché, nel gioco politico, il tempismo e la percezione contano più della sostanza.
IL CASO ALMASRI E LA FUGA DALLA GIUSTIZIA INTERNAZIONALE
E poi c’è l’altro tassello che completa il quadro: il caso Almasri. Il governo italiano è sotto accusa per aver ignorato gli avvisi internazionali e per aver lasciato andare il torturatore libico. Nordio e i suoi uffici sono rimasti silenti nonostante le sollecitazioni della polizia giudiziaria e della magistratura. Un’omissione che potrebbe avere conseguenze gravissime.
I fatti: il 17 gennaio la Corte dell’Aja avvisa che Almasri è in Europa. Il 18 arriva il mandato di cattura inviato anche all’Italia. Il 19 la polizia italiana arresta Almasri a Torino senza passare dal ministero della giustizia. Il 21, per mancanza di una comunicazione formale da parte di via Arenula, il tribunale lo scarcerà. Nello stesso momento, un aereo di Stato lo sta già riportando a Tripoli.
Si è trattato di una scelta politica deliberata? Se sì, il governo ha sfidato apertamente la Corte penale internazionale. Se no, siamo davanti a un caso di omissione e negligenza istituzionale. In ogni caso, è l’ennesimo segnale di una gestione della giustizia fatta di improvvisazioni e di manipolazione delle informazioni.
BUGIE E STRUMENTALIZZAZIONI: LE OTTO NARRAZIONI DEL GOVERNO
Il governo ha cercato di ricostruire la vicenda secondo una narrazione ben precisa, ma ci sono almeno otto punti deboli nella sua versione:
- Nordio sapeva: il ministro della Giustizia è stato più volte sollecitato, ma non ha risposto. Dire che non era informato è falso.
- L’avvocato Li Gotti non è un uomo di sinistra: ex militante dell’Msi e di An, è stato fatto passare per un oppositore politico, ma non lo è.
- Meloni, Nordio e Mantovano non hanno ricevuto un avviso di garanzia: si tratta di una comunicazione di iscrizione, non di un’accusa formale.
- Il ritardo non è colpa della magistratura: la comunicazione dell’arresto di Almasri era arrivata in tempo, ma qualcuno ha scelto di ignorarla.
- Non c’è stato un complotto: il caso Almasri è la conseguenza di scelte precise, non di un attacco politico.
- Il volo per Tripoli era già programmato: il governo ha negato, ma i piani di volo parlano chiaro.
- L’Italia rischia con la giustizia internazionale: se confermata la violazione dell’articolo 59 dello Statuto di Roma, il Paese sarà sotto inchiesta.
- La magistratura è allo sbando: non solo il governo, ma anche i magistrati hanno responsabilità enormi nel caos che si è generato.
POLITICA E GIUSTIZIA: È ORA DI UN PASSO INDIETRO
Il vero problema è che politica e magistratura hanno smesso di fare ciò per cui esistono: servire i cittadini. La politica pensa solo a proteggere se stessa, la magistratura è diventata un’arena di scontri tra fazioni.
L’idea che la giustizia sia super partes è ormai un’illusione. Così come lo è la convinzione che la politica voglia davvero riformare la magistratura nell’interesse della collettività. Entrambi i poteri sono impegnati in una battaglia che nulla ha a che vedere con il bene comune.
E allora, forse, prima di lanciarsi in crociate, sarebbe il caso che entrambi facessero un passo indietro. Perché in questo scontro continuo chi perde non sono né i magistrati né i politici. A perdere sono i cittadini, ormai ostaggi di una guerra che non li riguarda, ma che pagano ogni giorno sulla loro pelle.