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Palamara-gate: i testimoni del “sistema” delle spartizioni. Le cene e il manuale Cencelli della magistratura italiana

Palamara-gate: i testimoni del "sistema" delle spartizioni. Le cene e il manuale Cencelli della magistratura italiana

Il Palamara-gate coinvolge nomi eccellenti. L'ex pm romano chiama a raccolta 133 testimoni, tutti colleghi, come testimoni della sua vicenda

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Il Palamara-gate va avanti. Ma lui, il magistrato che fino a qualche mese fa era il “potentissimo” dall’Associazione nazionale dei magistrati, non ci sta. Luca Palamara ha deciso di passare al contrattacco e fare i nomi. Insomma, se errori e abusi ci sono stati in quella magistratura da lui rappresentata allora è bene che venga fatta chiarezza fino in fondo. 

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Per questo Palamara ha deciso di fare i nomi. Vorrebbe, prima di essere condannato, poter raccontare a tutti come funzionava la magistratura che lui ha conosciuto e che ha contribuito a dirigere. Palamara vuole spiegare come avvenivano le nomine, come si scambiavano i piaceri ( e i poteri), quali fossero i rapporti di sudditanza tra Pm e alcuni giudici. Fare luce sulle correnti (loro sì con pieni poteri) e sulle molte inchieste avviate non per origini giudiziarie.

“La storia deve essere riscritta”, afferma Palamara nell’attimo in cui il suo avvocato, Benedetto Marzocchi Buratti, deposita, nell’ultimo giorno utile, la maxi lista testi in vista del disciplinare. La prima udienza è in calendario per il 21 luglio. E sono in molti a tremare. Nella lista non manca nessuno. Ci sono innanzitutto i magistrati Paolo Ielo, Francesco Lo Voi, Piercamillo Davigo, Sebastiano Ardita, Gaspare Sturzo, Riccardo Fuzio, Cafiero de Raho, Eugenio Albamonte, Guido Lo Forte

“Il sistema delle correnti non l’ho inventato io”, ha aggiunto in questi mesi l’ex presidente dell’Anm. Palamara è disposto a far luce su molte delle pagine torbide della storia giudiziaria italiana, come lo scontro ferocissimo fra la magistratura e Silvio Berlusconi andato in scena a partire dal 1994.

Si tratta di capire se il 21 luglio la sezione disciplinare vorrà tagliare i testi oppure ammetterli. Nel primo caso il segnale sarà chiaro: procedere con l’espulsione immediata del magistrato e continuare con il sistema delle correnti nella spartizione degli incarichi. Nel secondo caso ci sarà invece speranza di procedere con una operazione verità su quanto accaduto negli ultimi decenni.

I testi divisi per i vari capi d’incolpazione preparati dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi.

Il colonnello Gerardo Mastrodomenico del Gico della Guardia di finanza dovrà riferire sulle modalità di conduzione delle indagini e sulle ragioni del “perché non spense il trojan” nonostante le indicazioni dei pm di Perugia in caso di incontro di Palamara con parlamentari. Con lui ci sono i marescialli Roberto Dacuto e Gianluca Burattini, coloro che materialmente accendevano e spegnevano il trojan inoculato nel telefono di Palamara.

Legnini – Melillo – Pignatone

L’ex vice presidente del Csm, ora commissario per la ricostruzione in Abruzzo, Giovanni Legnini dovrà riferire su una sua “conversazione intercettata con l’onorevole Paolo Cirino Pomicino sul conto del pm napoletano Henry John Woodcock”. La circostanza non era ancora emersa. Anche Giovanni Melillo, procuratore di Napoli, è chiamato a riferire su questa conversazione intercettata. Il magistrato Stefano Erbani, consigliere giuridico di Sergio Mattarella, dovrà riferire sulle procedure di nomina del procuratore di Roma nel 2019. Sul tentativo di Palamara di screditare l’aggiunto della Capitale Paolo Ielo, sono stati chiamati tutti i procuratori aggiunti di Roma. Sui rapporti fra Palamara e Giuseppe Pignatone, i vertici del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti e l’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti.

Lucio Aschettino, magistrato di Md e presidente della Commissione per gli incarichi direttivi nella scorsa consiliatura, dovrà riferire su come sono stati nominati i procuratori aggiunti a Roma durante la gestione Pignatone. Sempre sul “dossieraggio” nei confronti di Ielo, il cui fratello Domenico, avvocato, aveva incarichi da parte del colosso energetico, è stato citato l’ad di Eni Claudio De Scalzi. C’è anche l’ex pm romano Stefano Fava, autore materiale dell’esposto a carico di Pignatone e Ielo. È presente poi Giovanni Bianconi, il giornalista del Corriere della Sera. Il 7 maggio 2019, intercettato, comunica a Palamara che “una parte dell’ufficio (la Procura di Roma, ndr) non voleva Marcello Viola (pg di Firenze e aspirante al posto di Pignatone, ndr) il quale non è colluso”.

I testimoni più importanti, infine, sono relativi al sistema delle nomine.

Dovranno riferire sul fatto “che esisteva prassi costante di confronto, interlocuzione fra componenti istituzionali, tra cui segretari, referenti locali ed esponenti dei gruppi associativi, componenti laici del Csm e i loro referenti della politica, per individuare il profilo professionale del candidato da sostenere tra coloro che avevano presentato la domanda per il conferimento per un incarico direttivo e non solo”. Ecco quindi gli ultimi vice presidenti del Csm, Nicola Mancino, Michele Vietti, Giovanni Legnini, David Ermini, i giudici costituzionali Cesare Mirabelli, Giovanni Maria Flick, gli ex consiglieri del Csm Edmondo Bruti Liberati e Claudio Castelli, l’ex ministero della Giustizia Andrea Orlando, i responsabili giustizia del Pd Anna Finocchiaro, Donatella Ferranti, Massimo Brutti. E poi vari presidenti delle correnti e componenti della giunta Anm. Dulcis in fundo, Antonio Ingroia e lo scrittore e senatore Gianrico Carofiglio.

Le cene 

Giovanni Legnini è stato convocato anche per parlare dei “rapporti di conoscenza e di frequentazione” tra Palamara e Lotti “nonché della presenza in tali occasioni tra gli altri anche del Procuratore Giuseppe Pignatone”. Il riferimento è ad almeno una cena a casa dell’ex consigliera del Csm Paola Balducci, chiamata anch’ella a dire la sua su quell’incontro conviviale.

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Sabelli e Pesci

I procuratori aggiunti di Roma Rodolfo Sabelli e Stefano Pesci sono, invece, chiamati a testimoniare “sulle ragioni per cui fu organizzata una cena a casa del dottor Ielo nel settembre del 2014 tra i dottori Palamara, Cascini, Sabelli, Pignatone, Pesci e Ielo”. Dovranno anche dire “se nel corso della cena vi fu un confronto di opinioni, tra i presenti, sul tema della organizzazione della Procura di Roma, anche con riferimento a future nomine dei procuratori aggiunti”.

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In quell’occasione si discusse della formazione della futura squadra di Pignatone in cui entrarono come vice proprio Sabelli, Ielo e Cascini. L’ex consigliere del Csm Lucio Aschettino dovrà parlare delle “vicende relative alla nomina dei quattro posti di procuratore aggiunto a Roma tra il febbraio e l’ aprile 2016”.

“Con il mondo dell’Associazione magistrati ho troncato ogni rapporto trent’anni fa, quando Giovani Falcone venne trombato dalla sua stessa corrente” spiega Sabella al Giornale. “Il caso Palamara? Non era immaginabile solo per chi non voleva vedere. Bastava vedere la regolarità da manuale Cencelli con cui venivano distribuite le cariche: 4-2-2-2 fisso quando le correnti erano quattro, poi passato al 4-4-2 quando a sinistra è nato il correntone di Area. E guardi che il grande mercato non riguardava solo i posti direttivi, le cariche in vista, ma anche e soprattutto i semidirettivi, i procuratori aggiunti, i presidenti di sezione. Lì accadeva di tutto. Poche voci di dissenso nel deserto. Molti che oggi fingono di scandalizzarsi erano perfettamente consapevoli che il meccanismo fosse questo. Palamara era uno dei tanti, forse solo più abile e esperto”.

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