La recente scomparsa di Ottaviano Del Turco, figura di rilievo nel panorama politico italiano, ha suscitato un silenzio quasi totale tra i suoi colleghi e rappresentanti politici.
Ottaviano Del Turco: chi lo ha dimenticato? Un silenzio che fa riflettere non solo sullo stato della nostra memoria collettiva, ma anche sulla decadenza dei valori e delle analisi che dovrebbero guidare il giudizio su una persona e la sua storia. Del Turco, colonna portante del Partito Socialista Italiano e tra i fondatori del Partito Democratico, meriterebbe di essere ricordato per la sua complessità, per i suoi meriti e anche per le sue ombre, come chiunque abbia avuto un ruolo così significativo nella storia politica del nostro paese.
Tuttavia, la società in cui viviamo sembra incapace di gestire questa complessità.
Oggi, più che mai, prevale la tendenza a classificare le persone e le loro storie secondo giudizi netti e semplificatori, che non tengono conto della ricchezza dell’esperienza umana. Del Turco è stato ridotto a un’etichetta: per alcuni un ladro, per altri un compagno di lotte. E così, le sue battaglie, i suoi successi, le sue sofferenze vengono sminuiti o addirittura ignorati, se non rientrano nella narrazione dominante del momento.
Ma oltre alla semplificazione dei giudizi, c’è un’altra dinamica ancora più preoccupante: la scelta di parlare o meno di una figura storica come Del Turco sulla base dell’opportunità. In un’epoca in cui i contenuti sono spesso modellati per rispondere a logiche di convenienza o al gradimento del pubblico, ci si chiede: è opportuno parlare di Ottaviano Del Turco? I miei follower capirebbero? È una storia che può “vendere”? Queste considerazioni, apparentemente spicciole, nascondono una verità più amara: la decadenza di una politica capace di affrontare e valorizzare la complessità umana, sostituita da un pragmatismo che si limita a domande di opportunità, di audience, di consenso facile.
Il risultato è un panorama politico impoverito, dove il ricordo di chi ha contribuito a plasmare la nostra storia recente viene filtrato attraverso criteri di convenienza e non di giustizia storica.
Si parla di chi è utile al momento, si tace su chi può creare disagio o dividere, e in questo processo perdiamo il senso profondo di ciò che la politica dovrebbe rappresentare: un luogo di confronto, di memoria condivisa, di riconoscimento della complessità delle storie personali.
Ottaviano Del Turco è stato molto più di una singola etichetta. È stato un uomo che ha dedicato la sua vita alla politica, che ha attraversato tempeste personali e pubbliche, che ha vissuto in prima persona il peso di un sistema giudiziario che lo ha segnato profondamente. Ridurre tutto questo a un giudizio netto, senza approfondire, senza riconoscere la complessità della sua esistenza, è un torto non solo a lui, ma anche a tutti noi.
La vera domanda che dovremmo porci è se siamo disposti a riconoscere e ad affrontare questa complessità, o se preferiamo continuare a vivere in una realtà in cui le persone vengono giudicate solo per la loro utilità immediata o per quanto “opportuno” sia parlarne. Perché se continuiamo su questa strada, rischiamo di perdere la capacità di comprendere davvero la ricchezza delle storie umane, sostituendola con una narrazione impoverita e superficiale.
Ricordare Ottaviano Del Turco non è solo un atto di giustizia verso un uomo che ha dato tanto alla politica italiana, ma è anche un modo per riaffermare la necessità di andare oltre le semplificazioni, oltre le scelte di convenienza, per recuperare il valore della memoria, del confronto, e del riconoscimento della complessità umana. In un’epoca dominata dal bianco e nero, è il grigio che dobbiamo riscoprire: quel grigio che racconta la vera storia di chi siamo e di chi siamo stati.
di Antonio del Furbo