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“Non sbagliare a parlare”: l’intimazione di Nicosia, arrestato per mafia, nei confronti della deputata Occhionero

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Siamo al 7 marzo 2019, Antonello Nicosia, arrestato lunedì scorso per associazione mafiosa, manda un messaggio vocale alla parlamentare per cui lavora, Giusy Occhionero.

Nicosia parla di Santo Sacco, uomo del latitante Matteo Messina Denaro (che chiama il “primo ministro”), in quel momento detenuto. “Onore’ non parlare a matula (a vanvera) – le dice – Santo Sacco non sbaglia”. Nicosia dice senza mezzi termini che Santo Sacco è il “braccio destro del primo ministro”. Così, il collaboratore della deputata chiamava Messina Denaro: “Il primo ministro”. Ecco l’audio dell’intercettazione.

 La deposizione della Occhionero

Pina Occhionero, ex Liberi e Uguali oggi Italia Viva, è stata sentita in qualità di persona informata sui fatti dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Geri Ferrara e Francesca Dessì. Un’audizione durata due ore. È arrivata al palazzo di giustizia di Palermo intorno alle 16 di ieri, per essere ascoltata dai magistrati che indagano sul suo collaboratore, Antonello Nicosia, arrestato per associazione mafiosa: la deputata  

“Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto. Mi sono fidata di lui”.

Così si è giustificata la Occhionero. “Mi era stato presentato dai Radicali, veniva dal mondo dell’associazionismo, si diceva difensore dei diritti dei detenuti”, ha aggiunto. “L’ho conosciuto così e poi, anche in virtù del rapporto personale che si era creato, mi sono fidata ciecamente”. Ai magistrati che le chiedevano come abbia potuto assumere come collaboratore un uomo che aveva avuto una condanna a 10 anni per traffico di droga, Occhionero ha risposto: “Alla Camera non c’è alcun controllo, perché avrei dovuto fare controlli io?”. La deputata a un certo punto, insospettita, avrebbe cominciato a dubitare del curriculum di Nicosia, sedicente insegnate di storia della mafia negli Usa, e i rapporti tra i due si sarebbero diradati.

 Il focus dell’audizione

Al centro dell’audizione della Occhionero, i rapporti con il suo assistente finito in carcere perché ritenuto anello di collegamento con i mafiosi detenuti vicini al superlatitante Matteo Messina Denaro. Dalle indagini della Dda di Palermo, confluite nell’operazione “Passepartout, emerge che Nicosia, accusato di associazione mafiosa, sarebbe riuscito ad accedere più agevolmente negli istituti penitenziari assieme alla parlamentare. In questo modo Nicosia avrebbe agito da ‘messaggero’ dei boss verso l’esterno. Nicosia è anche accusato di essere stato in contatto con il boss di Sciacca, Accursio Dimino, anche lui tra i fermati, e con il latitante Matteo Messina Denaro, definito dall’ex assistente parlamentare “primo ministro”.

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