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“Non riesco a respirare”, la tragica fine di George Floyd, ucciso da un poliziotto

"Non riesco a respirare", la tragica fine di George Floyd, ucciso da un poliziotto
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“Non riesco a respirare, non riesco a respirare. Non uccidermi”. Nel video si vede un poliziotto (bianco) di Minneapolis (Minnesota) che con il ginocchio preme con forza sul collo di un afroamericano. L’uomo, George Floyd, di 46 anni, è morto poco dopo in quella che, con burocratico linguaggio, un portavoce della polizia ha definito un “incidente medico”

Il fatto è accaduto intorno alle 20. Due agenti sono arrivati al 3700 di Chicago Avenue South per fermare un uomo che “appariva sotto gli effetti di droga” e che – sempre secondo gli agenti – ha opposto resistenza all’arresto. Davanti a diversi passanti, che con i telefonini hanno iniziato a riprendere la scena, un poliziotto lo ha bloccato a terra con un ginocchio all’altezza del collo. “Quando gli agenti sono riusciti a mettergli le manette si sono accorti che stava avendo un problema medico”, è la versione ufficiale del Minneapolis Police Department, smentita da diversi testimoni. 

Alcuni di loro sono intervenuti chiedendo all’agente di togliere il ginocchio dal collo dell’uomo (“vuoi rimanere lì seduto con il ginocchio sul collo?”, si sente dire nel video) e quando l’uomo è ormai immobile a terra un altro chiede: “L’avete ucciso?”. Una delle testimoni oculari, Darnella Frazier, ha raccontato che “la polizia l’ha ucciso, l’ha ucciso lì di fronte a tutti mentre gridava non posso respirare” e subito dopo ha pubblicato un post sulla sua pagina Facebook: “Quando sono passata di lì, era già a terra, i poliziotti lo tenevano bloccato e lui urlava, ma loro non lo ascoltavano. La sua testa era così schiacciata a terra che gli usciva sangue dal naso”

Il video all’alba aveva già migliaia di condivisioni e di commenti indignati. A occuparsi del caso il Bca (il Minnesota Bureau of Criminal Apprehension) e l’Fbi. Nella numerosa comunità afro-americana di Minneapolis diverse manifestazioni di protesta sono già in corso e il vicepresidente del Consiglio Comunale, Andrea Jenkins, ha criticato duramente l’operato della polizia: “Mi si spezza il cuore per la tragica perdita di vite umane avvenuta ieri sera. La nostra comunità continua ad essere ancora una volta traumatizzata. Ho parlato con il sindaco e con il capo della polizia, vogliamo risposte”. 

In serata è stata confermata la notizia del licenziamento dei 4 agenti.  Lo ha annunciato il sindaco Jacob Frey, definendola la “scelta giusta”. Il capo delle forze dell’ordine della città, Medaria Arradondo ha dichiarato che i quattro sono ora “ex dipendenti” del dipartimento.

La protesta

Dopo alcune ore, i manifestanti sono scesi per le strade con le mascherine, come richiesto dalla legge che neanche Trump rispetta più. I cartelli tra le mani con scritto “no giustizia, no pace”, “black lives matter” hanno sfilato scandendo lo slogan “Non posso respirare”, dal luogo dove Floyd è stato ucciso fino al distretto locale di polizia. Qui sono intervenuti agenti in tenuta antisommossa che hanno usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere la folla che aveva accerchiato il commissariato di polizia dei quattro agenti coinvolti, tutti licenziati in tronco dopo la pubblicazione del video. “Il licenziamento non è abbastanza”, ha detto la sorella del 46enne a Good Morning America della Abc. “Lo hanno ucciso”.

Sul caso oltre all’agenzia investigativa del Minnesota sta indagando l’Fbi, come ha richiesto anche il candidato presidenziale democratico Joe Biden. In migliaia si sono riversati nelle strade e dopo il commissariato, la folla si è data appuntamento davanti alla casa del responsabile dell’uccisione di Floyd: Derek Chauvin, 44 anni, da 19 anni in polizia. Lui è quello che ha premuto il ginocchio sul collo della vittima mentre i colleghi stavano a guardare, senza fare e dire nulla. Sarebbe stato altre volte coinvolto in sparatorie, uso eccessivo della forza e violazione delle regolari procedure.

La reazione del sindaco: “Perché non è in prigione”

Dopo essere intervenuto ieri sera annunciando il licenziamento dei quattro agenti, il sindaco di Minneapolis Jacob Frey, democratico, oggi ha fatto un passo avanti, chiedendo al procuratore generale di consegnare i responsabili alla giustizia. “Perché non è in galera? – ha detto – Se io avessi fatto quello che ha fatto lui, sarei già dietro alle sbarre”. All’inizio la polizia ha detto che l’uomo aveva “opposto resistenza all’arresto”. Neanche Frey ha accettato la spiegazione dicendo che “è apparso chiaro, la prima dichiarazione non era accurata”. “Per cinque minuti abbiamo visto un agente bianco che premeva il suo ginocchio sul collo di un uomo nero indifeso”, ha detto il sindaco spiegando che il coinvolgimento dell’Fbi è dovuto di fronte ad un fatto di questo genere.

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Ma le proteste non sono solo a Minneapolis. Per l’ex giocatore Nba Stephen Jackson, Floyd era un “fratello”. Erano cresciuti insieme in Texas. “Tutti sanno che ci chiamavamo l’un l’altro ‘gemello’. Era andato in Minnesota per cambiare la sua vita guidando camion, gli avevo mandato due o tre scatole di vestiti, stava facendo la cosa giusta. E voi avete ucciso mio fratello. Ora andrò a Minneapolis, farò tutto ciò che mi è possibile per non far passare la vicenda sotto silenzio” ha scritto Jackson su Instagram.

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