Personaggi vicini a clan che hanno fatto la storia della ‘ndrangheta tra Australia, Calabria e Lombardia. Un’organizzazione che domina la vita economica e politica di intere comunità. E, come se non bastasse, personaggi che hanno messo a libro paga politici e rappresentanti istituzionali.
Tra questi il neoeletto consigliere regionale di Fratelli d’Italia Domenico Creazzo, sindaco di Sant’Eufemia e vicepresidente del parco dell’Aspromonte. Con lui anche un parlamentare per il quale è stata presentata richiesta di autorizzazione a procedere. Si tratta del senatore di Forza Italia Marco Siclari. Insieme a Creazzo e Siclari, travolti dall’inchiesta anche diversi politici locali, arrestati in qualità di esponenti del clan.
L’operazione
Gli agenti della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del commissariato di Palmi hanno arrestato sessantacinque persone. Si tratta di capi, gregari e uomini a disposizione del clan Alvaro. La richiesta è spiccata della procura antimafia guidata da Giovanni Bombardieri. In 53 sono finiti in carcere e in 12 ai domiciliari con le accuse, a vario titolo, di associazione mafiosa, reati in materia di armi e di sostanze stupefacenti, estorsioni, favoreggiamento reale, violenza privata, violazioni in materia elettorale. In alcuni casi c’è l’aggravante del ricorso al metodo mafioso e di aver agevolato la ‘ndrangheta, nonché lo scambio elettorale politico mafioso.
Tutti i politici coinvolti
L’accusa contestata al neoconsigliere Domenico Creazzo è quella di essersi rivolto ai clan, prima tramite il fratello Antonino, in contatto diretto con figure apicali degli Alvaro, poi direttamente, con il preciso intento di sbaragliare gli avversari politici e strappare un ruolo in Giunta. Il tutto per garantirsi l’elezione in assemblea regionale. Fra gli arrestati ci sono anche il vicesindaco di Sant’Eufemia, Cosimo Idà, in manette come elemento di vertice del clan, il Presidente del Consiglio Comunale Angelo Alati, considerato il “mastro di giornata” della cosca, il Responsabile dell’Ufficio Tecnico ingegnere Domenico Luppino, referente per gli appalti pubblici del Comune e Domenico “Dominique” Forgione, consigliere comunale di minoranza, che aveva il compito di monitorare appalti e lavori per consentire l’infiltrazione da parte delle imprese riconducibili alla cosca eufemiese.
I boss arrestati
In manette anche capi storici del clan che condizionavano totalmente la vita di Sant’Eufemia e di tutto il comprensorio aspromontano. Fra loro ci sono Domenico “Micu” Alvaro (cl.77), Salvatore “Turi Pajeco” Alvaro, Cosimo “Spagnoletta” Cannizzaro (cl.44), l’imprenditore Domenico “Rocchellina” Laurendi e Francesco Cannizzaro alias “Cannedda” (cl. 1930) uno dei patriarchi della ‘ndrangheta, fra i partecipanti allo storico summit di Montalto del 1969 che ha sancito l’unitarietà della ‘ndrangheta. Nuove accuse hanno raggiunto in carcere anche il boss Cosimo Alvaro “Pelliccia”, già detenuto per altra causa.
Il filo che lega Calabria e Australia
Il clan di Sant’Eufemia d’Aspromonte era feroce, aggressivo, in grado di imporre estorsioni a tappeto, assunzioni di maestranze e acquisti di forniture agli imprenditori impegnati nei lavori pubblici in paese e nelle zone limitrofe, come di gestire un giro assai ben strutturato di traffico e spaccio di cocaina e marijuana. Le indagini hanno evidenziato attività del clan anche in Lombardia, soprattutto nel pavese, dove gli Alvaro sono storicamente radicati, e nelle Marche, dove con un’operazione collegata tre professionisti marchigiani e un imprenditore calabrese, Domenico Laurendi sono stati fermati per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio commessi con l’aggravante mafiosa.