Fatture false e prestanome per aggiudicarsi soldi legati alla pandemia da covid. Si tratta di una frode fiscale nel settore del commercio di acciaio. Otto le persone arrestate e legate alla ‘ndrangheta. Sequestri per 7,5 milioni di euro.
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Uno degli affiliati alle cosche calabresi ha presentato e ottenuto fondi per tre società che hanno partecipato alla frode. Somme a fondo perduto per l’emergenza Coronavirus come previsto dal decreto legge 34 del 19 maggio 2020. L’affiliato ha tentato anche di ottenere finanziamenti per il sostegno alle imprese dovute alla crisi del Covid previsti dal decreto legge 23 dell’8 aprile 2020.
Nell’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Milano, il Nucleo di polizia economico tributaria della Guardia di Finanza di Milano, ha individuato le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel tessuto economico lombardo. Gli uomini appartengono al clan Greco di San Marco Marchesano, in provincia di Crotone, federato col potente clan Grande Aracri di Cutro, potentissimo in Emilia Romagna e al centro del maxiprocesso Emilia.
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Attraverso diverse imprese, tutte gestiti da uomini della cosca attraverso prestanome, sono state svelate dagli investigatori condotte di autoriciclaggio dei proventi illeciti per oltre mezzo milione di euro, in parte trasferiti in Bulgaria e Inghilterra. Il clan ha incassato fondi attestando un volume d’affari non veritiero, perché basato su fatture false.
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Dalle indagini è emersa inoltre un’attività di riciclaggio di soldi poi inviati anche a istituti di credito cinesi. Gli affiliati alla ‘ndrangheta, spiega il procuratore di Milano Francesco Greco, si sono avvalsi della “collaborazione” di un cinese, tra gli arrestati, residente in Toscana, “interessato a riciclare importanti somme” cash e a “mandarle in Cina”. Sarebbero stati bonificati mezzo milione di euro dai conti correnti di alcune società inserite nel meccanismo di frode fiscale. Soldi che sarebbero andati verso banche cinesi.