L’emittente televisiva diffonde dati allarmanti sull’interesse dei giovani alla politica. L’Europa si allerta ma la classe politica italiana non è interessata al problema
La cosiddetta tv dei giovani e che ha cercato di portare un rinnovamento nel panorama televisivo italiano, ha diffuso dati a dir poco allarmanti sul rapporto giovani e politica. Il 69% dei ragazzi prova sfiducia nei confronti della politica; il 67% nutre rabbia, il 56% pessimismo. Per trovare qualcosa di positivo, bisogna scendere, e di molto: si deve, per intenderci, scavalcare i concetti di pessimismo (46%), preoccupazione (45%), oppressione (23%), stress (13%), noia (13%), per scoprire che un timido 11% coltiva un qualche interesse. La prima delle tre fasi di azione di un osservatorio che indaga e monitora il rapporto tra la politica e i ragazzi, attivato da Mtv, e’ una sonora bocciatura in termini percezioni e speranze disattese. Al punto che per 540 giovani di eta’ compresa tra i 18 e i 34 anni, la politica odierna e’ una costellazione di concetti sostanzialmente negativi, che non mancano di comprendere l’ingiustizia, la corruzione, i privilegi e la vergogna.
GIOVANI INFELICI DI VIVERE IN ITALIA
Meno della meta’ dei ragazzi intervistati si ritiene realmente felice e solo il 70% si dice fiero di vivere in Italia. E’ la sfiducia a farla da padrona nel rapporto tra giovani e politica: il 74% mostra un atteggiamento apatico e distaccato, il 27% e’ molto interessato e appena il 2% si impegna in prima persona. La sfiducia riguarda anche e soprattutto la classe politica: chiamata a definirla, i giovani la identificano come “incompetente” (76%), “raccomandata” (67%), “anacronistica” (60%) e incapace di rinnovamento (55%). Ma non tutto appare perduto: nonostante tutto, il 49% crede che il coinvolgimento politico sia fondamentale; il 45% cerca costantemente modalita’ per informarsi e i due terzi degli intervistati assicurano di essere intenzionati ad andare a votare alle prossime elezioni politiche. Se questo e’ il primo atto, la promessa e’ che non finisce qui: mentre, infatti, questi risultati sono stati raccolti nel periodo precedente alle primarie, Mtv con il suo osservatorio e’ pronta a farsi un’idea anche dello stato di cose nel periodo pre-elettorale (con indagine tra il 21 e il 30 gennaio), per poi chiudere il cerchio con una terza fase post elezioni.
GENERAZIONE “NEET”
Dati alquanto scontati per chi non ha memoria corta. Solo qualche mese fa, in un rapporto nazionale, vennero fuori dati di una generazione disastrata e senza futuro. Sono connessi con facebook, navigano nella rete e si interfacciano con altri come loro, ma produttivamente sono fermi, parcheggiati. Si mascherano dietro una facciata di normalità per coprire tristezza e improduttività. I “Neet” (Not in Education or in Employiment Training), non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano. La Commissione Europea li ha definiti una “Generazione senza” e fulcro dei principali focolai di disagio ed esclusione sociale. Istat, Censis e Italia Lavoro, sono solo alcuni degli enti che si sono occupati di censirla e fotografarla. Il 58% del totale sono donne, vivono al Sud (nel Meridione la percentuale tocca il 32% ) con un livello di istruzione basso e alti tassi di abbandono scolastico. Ci sono anche laureati, diplomati e disoccupati; al centro-nord la statistica si attesta al 16% ma in drammatico aumento.
DOVE VIVONO I “NEET”
I Neet, vivono con le famiglie di origine e sopravvivono con lavoretti episodici. Si autoescludono dalla società e consumano senza produrre. Secondo il rapporto di Italia Lavoro in Italia la generazione “senza” è di 1 milione e 175 mila (il 57% dei giovani) sono inattivi nella ricerca di un’attività (in maggioranza donne con un alto livello di scolarizzazione), mentre il 42% è in cerca di occupazione.
600 mila ammettono in maniera esplicita di non voler lavorare (tra questi il 73% sono donne) in parte per motivi familiari, di inabilità, di scarso interesse o perché non ne hanno bisogno. È anche vero che però l’Italia non offre possibilità per i laureati, oltre che per una tradizione tutta italiana alla raccomandazione, anche per i pochissimi posti a disposizione.
La Commissione Europea già da qualche anno, aveva invitato gli stati membri a considerare come elemento cruciale per lo sviluppo socio economico la promozione dei giovani nella società e nel mondo del lavoro, constatando, che al paese Italia questo spreco di capitale umano costa 26 miliardi di euro l’anno (1,7 del PIL). Italia seconda solo alla Bulgaria secondo questi dati, e il governo rimane straordinariamente immobile.
POLITICA IMMOBILE, MA NON TANTO
In Italia non vi è una legge nazionale sui giovani. Nel corso degli anni si sono succeduti diversi disegni di leggi, senza mai arrivare all’approvazione definitiva e la legislazione precedente ha riguardato interventi di tipo riparativo e preventivo. Il Ministero alla gioventù ha adottato logiche più promozionali ed innovative nel lavoro con i giovani. Sono stati elaborati sia un Piano Nazionale Giovani nel 2007 (presentato dalla Ministra Melandri e relativi risultati), che le Linee Guida nel 2008, da parte della Ministra Meloni. È stato redatto un Piano operativo nazionale 2007/2013 pubblicato nel febbraio 2009 dal Ministero, nell’ambito dell’Obiettivo Convergenza (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), per rafforzare le capacità di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Il Fondo Nazionale per le Politiche Giovanili, istutuito a partire dal 2007, con 130 milioni di euro per i primi tre anni, ha permesso lo sviluppo di azioni di interesse nazionale per 55 milioni di euro anno. Nell’ottobre 2010 questo Accordo è stato rinegoziato, sia rispetto ad obiettivi che risorse, dando vita ad una nuova intesa.
Secondo Giorgia Meloni:«I giovani dovrebbero fare una class action per tutti i diritti che gli hanno negato le politiche degli ultimi decenni, dovrebbero ribellarsi contro una classe politica che è la più vecchia d’Europa che gli ha consegnato un paese vecchio dove chi nasce ha già un debito pubblico che gli pesa sulla testa. Se fanno una class action, e protestano, io sono con loro».
Siamo sicuri Ministro che sarà con noi?
di Antonio Del Furbo