Della vicenda Stamina ci siamo occupati fin dall’inizio. Abbiamo raccontato le testimonianze dei malati, le ragioni dell’ideatore e seguito le manifestazioni in giro per l’Italia.
Davide Vannoni, scomparso questo pomeriggio all’età di 53 anni, ha avuto una vita burrascosa. Il professore è apparso sempre uomo tranquillo, anche nei momenti più difficili senza mai dare segni di disperazione. Accoglieva tutti nella sua villa di Revigliasca, fuori Torino. Parlava sulla sdraio del terrazzo che dava su un bosco. Era laureato in Scienze politiche. “Sì, è vero” ammise una volta. “Ma ci ho messo solo quattro anni a finire il corso”.
Vannoni era classe ’67
Negli anni Novanta studiava Scienze delle Comunicazioni a Torino con uno dei padri di quel nuovo corso di laurea, il semiologo Gian Paolo Caprettini. Fuori dall’università pubblica due volumi sui meccanismi di funzionamento della pubblicità. Si propone come autore al Mulino, che lo respinge. La casa editrice gli rispose che non c’erano le condizioni, a causa dell’assenza di materiale originale nelle sue pubblicazioni. Vannoni si buttò nel marketing e nelle ricerche di mercato. Nel 2001 pubblicò per Utet un “Manuale di psicologia della comunicazione persuasiva” che è il manifesto del suo metodo.
La storia di Stamina
Davide Vannoni ha sempre detto di aver avviato il progetto Stamina in seguito alla propria esperienza personale. Venne curato nel 2005 in Ucraina per una paralisi facciale con un trapianto di staminali. Decise, quindi, di proporre il trattamento anche in Italia attraverso la società Re-Gene S.r.l., gestita, tra gli altri, anche dai due biologi che lo avevano curato in Ucraina Vjačeslav Klimenko ed Elena Ščegel’skaja.
Il sottoscala
L’equipe si stabilisce a Torino, nel sottoscala dell’azienda di Vannoni e successivamente a San Marino. Il metodo venne pubblicizzato da dépliant che raccontavano di “oltre mille casi trattati, un recupero del danno dal 70 al 100 percento” e da video che mostravano “un ballerino russo affetto da parkinson che si alzava dalla carrozzella e tornava a ballare”.
L’avvio delle indagini su Stamina
Nel 2009 venne avviata un’inchiesta dal magistrato Raffaele Guariniello. Il pm volle chiarire la posizione di Vannoni in merito all’uso di cellule staminali al di fuori dei protocolli sperimentali previsti dalla legge da parte della Re-Gene. Sul finire del 2009 Vannoni appare coinvolto in un intreccio di società. La stampa riportò di come Vannoni si presentasse come “dottore” e promettesse la cura di molte malattie neurodegenerative per cifre che oscillavano dai 20 mila ai 50 mila euro. Nell’inchiesta finì anche San Marino in quanto le cure venivano praticate in un centro estetico sammarinese privo di autorizzazione medica. Nel 2012 la procura dispose il rinvio a giudizio di 12 indagati, tra cui alcuni medici e lo stesso Vannoni.
L’arrivo di Mario Andolina
Nel 2011 con l’arrivo del pediatra Marino Andolina, divenuto collaboratore di Vannoni, il “metodo” venne praticato come cura compassionevole nell’ospedale di Brescia. Pratica che venne sospesa agli inizi 2013 a seguito di un’ispezione dei NAS e dell’AIFA, che rilevò il mancato rispetto dei requisiti di sicurezza e igiene. Le ispezioni rilevarono che i preparati cellulari non contenevano quantità rilevanti di cellule staminali mesenchimali. Si scoprì inoltre che il primo paziente sottoposto era membro delle istituzioni della Regione Lombardia.
Il finanziatore
Durante il blocco dei trattamenti, la fondazione Stamina cercò finanziatori trovandone uno: Gianfranco Merizzi, proprietario del gruppo Medestea e che pagò 440.302 euro per la partecipazione nella società Biogenesis Tech. Vannoni non compare ufficialmente come titolare delle due società Biogenesis. Nel 2011 inoltre la fondazione Stamina inoltrò una richiesta di collaborazione al Cardiocentro Ticino di Lugano, declinata a causa di “opacità del protocollo di ricerca, inconsistenza scientifica, assenza di pubblicazioni e dubbia reputazione dei ricercatori coinvolti”.
“I significativi miglioramenti”
Nel 2013 scoppia il caso mediatico anche per i servizi del programma televisivo Le Iene. Il programma sostenne che le infusioni di staminali avrebbero generato significativi miglioramenti nello stato di questa malattia. Del caso si occuparono anche l’Accademia dei Lincei, la rivista Nature e l’Agenzia europea per i medicinali. A esprimersi in maniera critica anche l’associazione Famiglie SMA.
La rivista Nature
A luglio 2013 la rivista Nature definì la presunta terapia come promossa da “uno psicologo trasformatosi in imprenditore medico” “basata su dati fallaci” e “plagio di un altro studio già sviluppato e soprattutto tecnica inefficace”. Vennero, inoltre, sollevati dubbi di conflitto di interessi in ragione dell’accordo siglato tra Vannoni e la multinazionale Medestea, interessata al business delle staminali.
Qui una serie di alcuni tra i più significativi per comprendere la portata del fenomeno mediatico.
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