Altra retata altri arresti nella Milano da bere. A Seveso, a 20 km dalla capitale del Nord, un’organizzazione criminale era capace di riciclare denaro di imprenditori che volevano evadere il fisco, sia di prestare soldi e di reinvestire in aziende sane. Gli ordini di cattura hanno riguardato 34 persone.
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Altra retata altri arresti nella Milano da bere. A Seveso, a 20 km dalla capitale del Nord, un’organizzazione criminale era capace di riciclare denaro di imprenditori che volevano evadere il fisco, sia di prestare soldi e di reinvestire in aziende sane. Gli ordini di cattura hanno riguardato 34 persone.
L’usuraio e ragioniere del Nord su cui ruota la vicenda è Giuseppe Pensabene, arruolato della famiglia Imerti.
GLI IMERTI
La ‘ndrina calabrese opera a Fiumara di Muro un piccolo paesino di mille abitanti a pochi chilometri da Reggio Calabria. La famiglia, nel 1983, si allea con i Condello per mezzo del matrimonio tra Antonio Imerti, detto ‘nano feroce’, e Giuseppina Condello. La loro presenza è diffusa in gran parte del Nord tra Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.
LA BANCA
Pensabene era la mente della banca autonoma. Nessuno tra gli imprenditori, i commercianti e gli usurati aveva denunciato l’attività illegale del clan tanto da essere stati arrestati con l’accusa di riciclaggio e di concorso in associazione mafiosa. Beni mobili e immobili finiti nella rete dei magistrati.
INTERCETTAZIONE:”INFILTRARSI COME POLIPI”
Nell’ordinanza di custodia viene citata l’intercettazione di Pensabene che ordina ai suoi uomini di infiltrarsi “come polipi agganciandosi con i tentacoli per arrivare dappertutto, perché esistono le condizioni per poterlo fare”.
LA TECNICA DI FRODE AL FISCO
Della banca di Pensabene, che aveva filiali anche in Svizzera e Repubblica di San Marino, si servivano imprenditori incensurati che, emessi gli assegni alle società del ‘ragioniere’, lui stesso glieli rimandava indietro in contanti trattenendosi il 5 per cento.
Non si uccide più quindi. I mafiosi ricorrono a questa pratica sempre meno. I luoghi di ritrovo del clan sono un bar di Bovisio Masciago oppure un locale a Seveso che chiamano “il Tugurio” (dove sono state piazzate le microspie e si vedono i criminali contare i soldi).
Alcuni dirigenti degli uffici postali della Brianza sono finiti agli arresti domiciliari per un accordo fatto con il clan. Agli imprenditori venivano consegnati centomila euro alla volta. Vincenzo Bosco e Walter La Coce, direttore e vicedirettore dell’ufficio postale Paderno Dugnano sono finiti, insieme ad altre 19 persone, agli arresti domiciliari.
Nel ‘Tugurio’ si sarebbero presentati Giambortolo Pozzi, a nome della Spal, società calcistica, per ottenere un prestito di centomila euro, e vicepresidente esecutivo del Genoa ed ex presidente del Varese, Antonio Rosati. Quest’ultimo avrebbe fatto affari con Pensabene riguardo a speculazioni edilizie.
Giuseppe De Marinis, uno dei responsabili della società Mexoil, è stato una delle vittime usurate. Avrebbe subito, dopo il massacro violento degli uomini del clan, una grave lesione e il distacco della retina ad un occhio.
Antonio Del Furbo