In 14 sono finiti agli arresti per traffico di droga. L’operazione, che aveva il nome in codice “Quadrato”, ha puntato il faro sugli illeciti fatti dalla potente cosca trapiantata in Lombardia.
Secondo gli inquirenti i fratelli Barbaro avrebbero gestito gli affari grazie a una rete di galoppini e pusher, quattro dei quali di origine marocchina. Al vertice dell’organizzazione ci sarebbero quattro fratelli Barbaro: Francesco, Giuseppe, Salvatore e Antonio Barbaro. Quest’ultimo, il maggiore dei fratelli, considerato un membro di spicco dell’organizzazione dopo l’arresto del fratello Francesco.
“L’indagine è durata sette mesi – ha detto il Pubblico ministero David Monti. Durante questo periodo abbiamo sequestrato in due occasioni 800 grammi di cocaina pura al 67 per cento. È più importante colpire l’organizzazione che il grosso carico eclatante”. Gli investigatori sono partiti dallo spaccio in strada affidato a un gruppo di marocchini e risaliti ai fratelli Barbaro a capo della filiera di distribuzione. La droga veniva nascosta a casa di Francesco Truglia, 49enne già in carcere, che aveva messo a disposizione il suo appartamento in un palazzo popolare costantemente controllato dalle vedette dei Barbaro. I carabinieri sono riusciti con uno stratagemma a entrare in casa e a piazzare telecamere nascoste.
Barbaro-Papalia e una famiglia che ha creato il suo impero nel profondo nord a due passi da Milano.
Rocco detto ‘U Sparitu’, in quanto latitante per quasi due anni prima di essere arrestato a Platì, è considerato il boss del narcotraffico tra l’Italia e il Sudamerica. Rocco Barbaro è stato arrestato nel maggio 2017 ed è stato condannato a 16 anni di carcere il 10 ottobre scorso. È stato riconosciuto responsabile di associazione mafiosa e di intestazione fittizia di beni. Secondo i giudici, a lui era riconducibile il Bar Vecchia Milano in corso Europa, a pochi passi dal Duomo. Rocco Barbaro è figlio di Francesco Barbaro, capo dell’omonima cosca di Platì che sta scontando in carcere una condanna all’ergastolo per l’omicidio del brigadiere Antonino Marino.