Tutto accadde in pochi minuti quel 20 dicembre 2014. Alle 7 del mattino tre agenti della polizia si presentano a casa di Luigi Riserbato, sindaco di Trani. Hanno in mano un mandato di arresto per associazione a delinquere, tentata concussione lavorativa, tentata turbativa d’asta, tentata truffa e tentata concussione politica.
Gli agenti mettono a soqquadro la casa davanti agli occhi di moglie e figlia. La piccola all’epoca frequentava il quinto anno delle elementari. Secondo il pm Michele Ruggiero (foto) il primo cittadino potrebbe inquinare le prove e per lui scattano i domiciliari. Dureranno 45 giorni. A firmare la convalida dell’arresto è il Gip Francesco Messina. Coincidenza vuole che la sorella Assuntela all’epoca è presidente provinciale Pd della Bat (Barletta-Andria-Trani) che all’epoca sosteneva la campagna elettorale di Amedeo Bottaro. Nel giro di una settimana dopo l’arresto, Riserbato si dimette e la giunta di centrodestra si scioglie. Al commissario prefettizio seguono, nel maggio 2015, le elezioni che decretano il nuovo vincitore della compagine politica opposta. Amedeo Bottaro, appunto. Nel frattempo, succede che lo stesso pm che ha disposto l’arresto dell’ex sindaco di Trani decide, al termine delle indagini preliminari, archivia poco dopo il capo di imputazione più grave: l’associazione a delinquere.
Riserbato rimane ai domiciliari fino al 5 febbraio 2015
Passano altri due anni e il Gup chiude altri due capi di imputazione perché il fatto non sussiste. Rimangono ancora due atti d’accusa (tentata concussione e tentata turbativa). Riserbato viene rinviato a giudizio, rinuncia alla prescrizione il 21 ottobre 2022 e il 2 febbraio 2023 viene assolto. Perché il fatto non sussiste.
Il giudice condannato per intimidazioni
Pochi giorni fa il pm che ha accusato Luigi Riserbato è stato condannato in via definitiva dalla Quinta sezione della Cassazione per aver messo in atto modalità intimidatorie e violenze verbali nei confronti di alcuni testimoni del secondo filone della stessa inchiesta al fine di costringerli a dichiarare il falso. Sentenza confermata in Corte d’Appello a Lecce il 18 giugno 2021 –
Ma per il Csm Ruggiero può continuare a esercitare le sue funzioni alla procura di Bari.
Stessa cosa per il gip Messina. Il giudice ora in servizio presso la Corte d’Appello di Lecce ha validato l’ordine di arresto di un sindaco di centrodestra non ravvisando problemi di incompatibilità data la parentela con la sorella esponente del Pd e che sarebbe diventata poi senatrice della Repubblica. Alla procura di Trani a controfirmare la convalida dell’arresto di Riserbato fu l’allora capo della procura Carlo Maria Capristo, il quale parlò di una sorta di cupola criminale che gestiva appalti e assunzioni in modo illegale. Capristo, oggi in pensione, è accusato di aver avuto rapporti illeciti su alcuni procedimenti riguardanti l’Ilva di Taranto ed è finito sotto processo anche per aver esercitato pressioni su un sostituto procuratore di Trani al fine di condizionare l’esito di alcune indagini.
Le inchieste del pm Ruggiero finite nel nulla
Come non ricordare le inchieste flop di Michele Ruggiero sulle agenzie di rating. Quella sui presunti complotti contro l’Italia da parte delle agenzie di rating, quella contro Deutsche Bank per la vendita dei titoli di stato italiani nel 2011, quella sulle presunte pressioni dell’ex premier Silvio Berlusconi al commissario Agcom Giancarlo Innocenzi per la chiusura di Annozero, quella contro cinque ex dirigenti di American Express per truffa ed usura, fino ad arrivare all’inchiesta sul presunto legame tra vaccino e autismo poi archiviata. Tutti procedimenti finiti con un nulla di fatto.
Oggi Michele Ruggiero è stato condannato in via definitiva a sei mesi di reclusione per tentata violenza privata, per aver minacciato durante un interrogatorio alcuni testimoni per spingerli ad ammettere di essere al corrente del pagamento di tangenti a un imputato nell’inchiesta “Sistema Trani”. Quattro mesi di reclusione per lo stesso reato all’altro ex pm tranese, Alessandro Pesce. I due magistrati.
La condanna definitiva per tentata violenza privata nei confronti di testimoni costituisce una sentenza gravissima per un pubblico ministero, chiamato a condurre le indagini nel rispetto della legge. Come se non bastasse, Michele Ruggiero è anche stato rinviato a giudizio in altri due processi per violenza privata e falso in atto pubblico, con l’accusa di aver falsificato i verbali di alcuni testimoni in un caso, e di aver falsificato i verbali e minacciato altri testimoni in un altro.
Il doppio rinvio a giudizio di Ruggiero
Quando Il Gup di Lecce accolse la richiesta della procura che accusava Ruggiero di aver falsificato i verbali di alcuni testimoni in un caso, e di aver falsificato i verbali e minacciato altri testimoni in un altro, si aprì un mondo.
Vennero alla luce deposizioni manipolate assemblando affermazioni rese in momenti diversi in modo da stravolgere il senso delle dichiarazioni. Fatti determinanti per l’arresto nel 2014 dell’allora vicesindaco di Trani Giuseppe Di Marzio all’interno di una clamorosa inchiesta per associazione a delinquere e concussione che travolse, come abbiamo visto, anche il sindaco. In un altro caso, diverso ma legato allo stesso mega processo su un presunto “Sistema Trani”, secondo l’accusa Ruggiero oltre a falsificare i verbali avrebbe costretto con modalità intimidatorie e violenze verbali un testimone a dichiarare di essere a conoscenza di tangenti pagate a un funzionario del comune di Trani, Sergio De Feudis, che poi per queste accuse è stato arrestato.
“Voglio sapere la tua versione perché noi ti stavamo per arrestare… anche solo un’indagine ti creerebbe un casino di problemi per la laurea, il futuro, perché ti devo rovinare?”. “Te ne andrai in carcere pure tu, come se ne è andato l’anno scorso il tuo sindaco”. “Ci vedremo tra un mesetto, però in una diversa posizione: tu stai dietro le sbarre e io sto da un’altra parte”. “Tu sei un professionista, devi far rispettare la legge… e cazzo e queste cose non devi farmi sudare… ma perché devo minacciarti di arrestarti per farti dire la verità, porca puttana”.
Sono alcune delle frasi di Ruggiero rivolte al testimone che negava di essere al corrente di dazioni di denaro, prima di cedere (“cosa vuole che le dica”) dichiarando ciò che il pm voleva.
La genesi di questa inchiesta è singolare. Durante il processo “Sistema Trani” nel 2019, cinque anni dopo l’arresto del sindaco e di tante altre persone il nuovo pm Marcello Catalano, che sostituiva Ruggiero trasferito a Bari, ha tirato fuori un cd mai depositato con le fonoregistrazioni di alcuni interrogatori. Dall’ascolto, le difese hanno scoperto le enormi incongruenze rispetto ai verbali e le minacce ai testimoni. Non si tratta neppure degli unici casi.
Nell’ambito dello stesso processo, Michele Ruggiero e il collega Alessandro Pesce sono già stati condannati per tentata violenza privata: i due pm, secondo la Corte d’appello di Lecce, avevano minacciato in un interrogatorio i titolari di un’impresa per spingerli a incolpare l’ex capo della polizia municipale di aver preso tangenti. A otto anni dall’inchiesta che travolse il comune di Trani, presentandolo come un “Sistema” dominato da un’associazione a delinquere politico-affaristica, tutto si è ribaltato.
Il pm Ruggiero, che con la cravatta tricolore sfidava le agenzie di rating, veniva invitato come una star da tutti i partiti di destra e sinistra (Fratelli d’Italia ad Atreju lo incoronò come “testimonial” del patriottismo e il M5s lo indicò consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche).
E il Csm muto.