Altri due avvisi di garanzia consegnati a un membro del Csm e a un pm, per rivelazione del segreto e favoreggiamento. Perquisita la casa del pm Luca Palamara.
di Antonio Del Furbo
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La Finanza vuole vederci chiaro così ha passato al setaccio casa e ufficio del giudice indagato per corruzione, oltre alle abitazioni di persone a lui vicine. Gli avvisi di garanzia sono stati consegnati al consigliere del Csm Luigi Spina e al pm Stefano Fava.
Oggi si viene a sapere della presenza di un esposto al Csm che accusa l’ex procuratore Giuseppe Pignatone e il suo aggiunto Paolo Ielo “di aver guidato con mano condizionata una delle indagini più delicate dell’ufficio” scrive Repubblica. “Quella sull’avvocato siciliano Pietro Amara, il dominus del network indagato nel 2018 che condizionava le sentenze della giustizia amministrativa. Lo stesso professionista che porta a Fabrizio Centofanti, il lobbista in orbita Pd, che gratifica della sua generosità proprio Luca Palamara.” A firmare l’esposto è un pubblico ministero della Procura di Roma, Stefano Fava che su Amara aveva indagato prima di entrare in rotta di collisione con Pignatone e vedersi revocata la delega all’indagine.
L’accusa è che Pignatone e Ielo non si sarebbero astenuti nelle giuste forme dall’indagine su Amara, perché i rispettivi fratelli avrebbero avuto rapporti professionali proprio con lo stesso Amara.
Tornando all’inchiesta, Centofanti, Amara e Calafiore (gli ultimi due hanno da poco patteggiato nell’ambito dell’inchiesta sulle sentenze aggiustate al Consiglio di Stato), avrebbero corrisposto a Palamara, quando era al Csm, “varie e reiterate utilità consistenti in viaggi e vacanze (soggiorni presso svariati alberghi anche all’estero) a suo beneficio e a beneficio di familiari e conoscenti”, compreso un “anello non meglio individuato del valore di 2 mila euro in favore della sua amica Adele Attisani”.
L’obiettivo della corruzione, secondo i pm umbri, era “danneggiare Marco Bisogni, all’epoca pm a Siracusa (ora a Catania, ndr), in precedenza già oggetto di reiterati esposti depositati presso la procura generale di Catania a firma di Amara e Calafiore (il primo indagato dallo stesso Bisogni, il secondo, suo difensore)”. In quel procedimento disciplinare contro Bisogni, Palamara era parte della sezione che nel 2017 respinse la richiesta di archiviazione della Procura generale di Cassazione chiedendo l’incolpazione coatta per Bisogni. L’obiettivo finale dei corruttori era quello di “fare in modo che Palamara mettesse a disposizione, a fronte delle utilità, la sua funzione di membro del Csm, favorendo nomine di capi degli uffici cui erano interessati Amara e Calafiore”.