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Due giornalisti Alessandro De Pascale e Antonio Parisi, tornano sull’omicidio di Melania Rea con il libro “Il caso Parolisi. Sesso, droga e Afghanistan”, (Imprimatur editore). Dietro all’orrendo assassinio della giovane mamma di Somma Vesuviana (Napoli), che ha sconvolto l’Italia nel 2011, si potrebbero nascondere verità sommerse, una pista che dalle Marche condurrebbe all’Afghanistan e ai suoi campi di papaveri. leggi anche Paolo Ferraro: solo contro massoni e servizi segreti deviati 

Due giornalisti Alessandro De Pascale e Antonio Parisi, tornano sull’omicidio di Melania Rea con il libro “Il caso Parolisi. Sesso, droga e Afghanistan”, (Imprimatur editore). Dietro all’orrendo assassinio della giovane mamma di Somma Vesuviana (Napoli), che ha sconvolto l’Italia nel 2011, si potrebbero nascondere verità sommerse, una pista che dalle Marche condurrebbe all’Afghanistan e ai suoi campi di papaveri.

Per capire se la morte di Melania possa essere il frutto di una vendetta contro il marito – magari a conoscenza di segreti inconfessabili acquisiti durante la sua missione militare in Afghanistan – i giornalisti De Pascale e Parisi sono andati a investigare nel Paese asiatico. Un filo rosso, infatti, collegherebbe l’attività militare dell’allora caporal maggiore Parolisi, la camorra, il traffico internazionale di stupefacenti, alcuni componenti dei contingenti Isaf della Nato schierati nel Paese dell’Asia centrale e la tragica fine di una giovane mamma. Questo libro lo ripercorre. Il corpo di Melania, trafitto da numerose coltellate, fu rinvenuto il 20 aprile 2011 nel bosco di Ripe di Civitella (Teramo). L’ultimo ad aver visto la giovane 29enne fu il marito e su di lui si concentrarono subito le indagini e il 19 luglio il militare fu arrestato. Processato a Teramo con il rito abbreviato il caporal maggiore – che si è sempre dichiarato innocente – fu poi condannato all’ergastolo il 26 ottobre 2012. Per l’accusa avrebbe ucciso la moglie con 35 coltellate in un momento d’impeto – la donna avrebbe rifiutato le avances del marito – e all’uomo viene comminata anche la pena dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici oltre alla perdita della patria potestà genitoriale. Alessandro De Pascale è giornalista del Punto. Ha lavorato per il quotidiano ecologista Terra e collaborato con Il Manifesto, il settimanale Left – Avvenimenti e il mensile La Voce delle Voci. Ha pubblicato il libro-inchiesta Telecamorra. Guerra tra clan per il controllo dell’etere, sul tema delle infiltrazioni camorristiche nel mercato delle frequenze radiotelevisive. 

Droga e psicofarmaci usate dalle truppe italiane

È assodato che le truppe di stanza in Afghanistan facevano tutte uso di droghe e psicofarmaci. Tra l’altro, non è un caso che il paese è il maggior produttore  di tutto l’oppio e l’eroina mondiali con una percentuale che va oltre il 90 per cento. Guarda caso un vertiginoso aumento di produzione si è avuto in quei territori dove operavano le truppe italiane. Melania Rea sarebbe stata uccisa perché qualche organizzazione criminale avrebbe voluto vendicarsi delle gravi leggerezze del marito invischiato nel traffico di droga. L’ipotesi del gesto di Parolisi perché vistosi rifiutare un rapporto sessuale dalla moglie cederebbe il posto a questa nuova ipotesi che, rispetto alla precedente, apparirebbe più credibile. L’ipotesi troverebbe riscontro anche con i segni lasciati sul corpo della donna: la siringa nel petto e il laccio emostatico. Tutto questo giustificherebbe il silenzio di Parolisi sulla faccenda preferendo l’ergastolo alla denuncia del mondo marcio che frequentava. Secondo i due giornalisti, una linea rossa partirebbe da Kabul passando per l’Asia fino ad arrivare nel cuore della missione Isaf-Nato. E scusate se è poco. La criminalità organizzata italiana, segnatamente la camorra, si sarebbe già installata nel Paese asiatico mettendosi persino a raffinare eroina sul posto. Le narcomafie hanno trasformato la Russia di Putin nel primo consumatore mondiale di eroina anche grazie agli stessi militari.

Melania e la Cecchignola

Melania Rea sarebbe stata vittima di un esperimento militare. Di questo ne è sempre stato convinto il magistrato Paolo Ferraro. Nel 2008 il magistrato lavora a Roma e s’innamora dell’ex moglie di un graduato. Si frequentano e spesso Paolo va a trovarla a casa, alla Cecchignola, un complesso di appartamenti civili riservati alle famiglie dei militari. Presto si convince che la sua compagna è in pericolo e crede che l’unico modo per scoprire cosa sta avvenendo in quella casa, in cui erano presenti anche bambini, è attivare una registrazione che gli sveli il motivo dello strano comportamento e della sofferenza presente sempre più frequentemente nella donna. Produce 50 registrazioni e scopre che, in sua assenza, gli “ufficiali” entrano in casa della donna e non appena all’interno pronunciano frasi in grado di cambiare in modo radicale il comportamento di chi vive in quell’appartamento. «La donna non è più un essere umano ma diventa un oggetto a cui poter far fare qualsiasi nefandezza, un oggetto che passato “il momento” non ricorderà neppure più quanto le è accaduto. Le resterà la sofferenza ma non la memoria, quelle parole cadenzate infatti contengono il codice segreto che apre e rovescia la sua coscienza» racconta in un’intervista il magistrato. Ferraro avvisa la magistratura ma la risposta dei colleghi è un Trattamento Sanitario Obbligatorio nei suoi confronti con annessa sospensione dalle sue attività lavorative. Gli psichiatri però dicono che il magistrato è sano. Paolo conosce nomi e cognomi degli altri graduati che mettono in atto queste orrende azioni all’interno degli appartamenti della Cecchignola. Si parla di pezzi forti della magistratura impelagati nella vicenda. Ferraro aveva scoperto che il famoso Progetto “Mk-Ultra” non era stato abbandonato nel 1970, come sosteneva la CIA, ma era stato ripreso negli anni ’90, arrivando come prevedibile anche in Italia, ed aveva solo cambiato nome, ora si chiama “Programma Monarch“. Come ha spiegato nell’intervista rilasciata a zone d’ombra tv, il magistrato spiega che l’esperimento consiste nel prendere persone, meglio se hanno sofferto o stanno soffrendo, e tramite droghe, condizionamenti o anche torture psicologiche (chiaramente attuate da psichiatri), le si costringe a fare, inconsciamente, quanto da sane mai farebbero. Quindi c’è da andare a consegnare droga? Una parola che fa da “codice di avviamento” e la tal persona andrà, senza neppure saperlo, a consegnare droga. E così via col resto, con le violenze sessuali e con quanto altro, anche attentati ed omicidi. Il filo rosso arriva anche dentro le stanze della caserma della Cecchignola passando quindi, per Asia e America. La Nato potrebbe supervisionare tutta la faccenda.

In seguito il dottor Ferraro si dice certo di aver visto Melania Rea parlare con un magistrato che farebbe parte del programma militare all’interno di un tribunale di Romano. Lo stile di vita della Rea era uguale a quella della sua compagna, riferisce Ferraro. C’era chi frequentava la sua casa anche in assenza del marito. La guardia carceraria aveva scoperto qualcuno parlarle in un determinato modo.

Melania Rea pare andasse in caserma frequentemente e che, insieme al marito e ad alti ufficiali, facesse gite domenicali. Perché ucciderla quindi? Si può pensare che Melania avesse scoperto che in caserma si stavano conducendo questo tipo di esperimenti (il segreto ipotizzato dal Gip Giovanni Cirillo), ma anche che lei ne fosse stata vittima prima della gravidanza e che dopo la nascita della figlia ne stesse elaborando il ricordo. Nessuno a Teramo ha detto che Ferraro abbia detto cavolate e quindi le ipotesi e i ragionamenti, con tanto di prove, restano in campo.

La Cia la presenza di esperimenti ancora in atto

Le carte della Cia parlano chiaro: esistono ancora esperimenti del nuovo progetto Mk-ultra. Sappiamo che le basi Nato italiane hanno addestrato terroristi e agenti segreti a Camp Derby (Toscana) e in Sardegna.

Buchi neri e pezzi mancanti

Mancherebbe all’appello, secondo Luca Steffenoni autore di “Melania Rea – L’assassino alle spalle”, un trolley visto nella Scènic nera di Parolisi, alcuni sms cancellati dal telefono di Melania e tre macchie di sangue all’interno della macchina, sul montante del passeggero, che sono state presumibilmente lavate. Ci sono dei veri e propri buchi nelle analisi delle celle telefoniche. Come mai? Perché? 

Caserma di Ascoli: casi irrisolti

«Sono una decina i soldati che stanno per essere indagati dalla Procura militare di Roma per i rapporti sessuali tra sottufficiali e soldatesse della caserma di Ascoli Piceno, la stessa dov’era in servizio Salvatore Parolisi, il caporale maggiore in carcere da un anno per l’omicidio della moglie,Melania Rea. Lo scrive Panorama sul numero in edicola da giovedì 26 luglio. Gli indagati, tra cui lo stesso Parolisi, dovranno rispondere a vario titolo su tre ipotesi di reato: minaccia a inferiore per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, minaccia o ingiuria a un inferiore e violata consegna. Il codice penale militare, infatti, ancora non contempla le molestie sessuali». Lo scriveva “Panorama” il 25 luglio del 2012. Quante sporche storie si sono consumete all’interno del 235° reggimento «Piceno»?

di Antonio Del Furbo


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